Il Papa fa “mea culpa” e chiede perdono ai rom: sono sempre discriminati…
Non basta Roberto Fico che, in veste di terza carica dello Stato, in uno dei giorni più importanti della Repubblica dallo scranno più alto di Montecitorio, ha esortato a dedicare la Festa nazionale del 2 giugno «a migranti, rom e sinti, che sono qui ed hanno gli stessi diritti» degli italiani». Poco dopo, infatti, un’altra autorevolissima e blasonatissima voce si è alzata dal Vaticano, quella del Pontefice che, nell’ultima tappa della sua visita apostolica in Romania, accomiatandosi dalla folla radunatasi in piazza, tuonando contro le discriminazione della storia, ha concluso chiedendo perdono ai rom…
In partenza dalla Romania il Papa chiede perdono ai rom
«Nel cuore porto un peso: è il peso delle discriminazioni, delle segregazioni e dei maltrattamenti subiti dalle vostre comunità», afferma il Pontefice confessando alla comunità rom di Blaj, ultima tappa del suo viaggio istituzionale apostolico in Romania, sentimenti revisionistici che lo inducono a ripensamenti storici e contrarietà sociale. «La storia ci dice che anche i cristiani, anche i cattolici, non sono estranei a tanto male. Vorrei chiedere perdono per questo». Una richiesta particolarmente significativa e rivolta al mondo dei rom in nome della Chiesa, per quando, ribadisce entrando nel merito Papa Francesc, «nel corso della Storia vi abbiamo discriminato, maltrattato o guardato in maniera sbagliata, con lo sguardo di Caino invece che con quello di Abele e non siamo stati capaci di riconoscervi, apprezzarvi e difendervi nella vostra peculiarità». Non solo: andando avanti nel discorso con cui arringa la folla di fedeli romeni Bergolgio avverte che «è nell’indifferenza che si alimentano pregiudizi e si fomentano rancori. Quante volte giudichiamo in modo avventato, con parole che feriscono, con atteggiamenti che seminano odio e creano distanze! Quando qualcuno viene lasciato indietro, la famiglia umana non cammina. Non siamo fino in fondo cristiani e nemmeno umani, se non sappiamo vedere la persona prima delle sue azioni, prima dei nostri giudizi e pregiudizi», sottolinea Papa Francesco in un discorso che riporta da lontano ai giorni assai più recenti dei disordini e delle contestazioni di Casal Bruciato a Roma e, più in generale, a quella che è una difficile convivenza tra chi accoglie e chi viene a stabilirsi nelle tante città italiane.
E invita le comunità rom a «lasciar cadere le barriere»
Un’orazione che risuona, oltre che come desiderio di fare ammenda e di pacificarsi con pregressi storici controversi, anche come monito e invocazione a cercare nel presente una conciliazione ardua e complessa, e in cui, è stato notato da più parti in queste ore, Papa Francesco non cita mai le aberrazioni del comunismo – eppure il Pontefice si è recato in Romania proprio per la beatificazione di sette vescovi greco-cattolici martiri vittime del Comunismo – e che, nel suo “mea culpa”, induce il Vicario di Cristo al soglio pontificio ad invitare la stessa comunità Rom a «lasciar cadere le barriere» perché ha valori da condividere, al di là delle paure, dei sospetti e dei problemi, «lasciando cadere le barriere che ci separano dagli altri alimentando la fiducia reciproca nella paziente e mai vana ricerca di fraternità». Una fraternità e una convivenza fin qui risultata se non sempre impossibile, assai difficile comunque da mettere in atto.
Questo papa chiede scusa a tutti tranne agli anziani derubati dai rom, tranne a chi dopo avete pagato le tasse non riesce ad arrivare a fine mese. A noi che lottiamo senza rubare, senza occupare abusivamente le cade altrui a noi quando chiede scusa?