La crisi del mercato «è grave»: all’ex Ilva 1400 operai finiscono in cassa integrazione

5 Giu 2019 18:52 - di Redazione
Ilva

A comunicarlo è direttamente il gruppo industriale in una nota: ArcelorMittal Italia ricorrerà alla Cassa integrazione guadagni ordinaria. La Cig interesserà lo stabilimento di Taranto per un numero massimo al giorno di circa 1.400 dipendenti per 13 settimane. La crisi del mercato «è grave», comunica il gruppo industriale in una nota sottolineando comunque che nonostante lo scenario sia «molto critico, ArcelorMittal Italia conferma il proprio impegno su tutti gli interventi previsti per rispettare il piano industriale e ambientale, al termine dei quali, con un investimento da più di 2,4 miliardi di euro, Taranto diventerà il polo siderurgico integrato più avanzato e sostenibile d’Europa».

Grave crisi di mercato: e a Taranto gli operai dell’ex Ilva finiscono in cig

Acelormittal ricorda che lo scorso messe è stata presa la decisione di ridurre la produzione primaria in Europa, «a causa delle critiche condizioni del mercato» e che riguardavano anche lo stabilimento di Taranto, dove era stata rallentata la produzione da 6 a 5 milioni di tonnellate. L’azienda ha già contattato le organizzazioni sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie di Taranto, per informarle di questa operazione. Ulteriori dettagli saranno forniti nell’incontro già programmato per domani, 6 giugno. «È una decisione difficile ma le condizioni del mercato sono davvero critiche in tutta Europa», spiega l’amministratore delegato di Arcelormittal Italia, Matthieu Jehl. «Ci tengo a ribadire che sono misure temporanee, l’acciaio è un mercato ciclico», aggiunge. E del resto, un mix di fattori, si legge nella nota, «sta penalizzando l’intero settore dell’acciaio europeo, che soffre una situazione economica sempre più peggiorata negli ultimi mesi. Tutti gli indicatori evidenziano un forte rallentamento del mercato e non solo nel settore automotive, attualmente in calo del 10%». In particolare l’indice pmi è sceso a 47,4 nel marzo 2019, andando per il sesto mese consecutivo sotto quota 50 e raggiungendo il punto più basso dal maggio 2013.

Il comparto siderurgico ha registrato un progressivo rallentamento

Il comparto siderurgico ha registrato un progressivo rallentamento a partire dal primo trimestre di quest’anno, in particolare, in riferimento ai prodotti siderurgici da coils. A oggi si registra «un’importante riduzione del consumo di acciaio a livello europeo e, anche italiano, che ha determinato un progressivo minor carico di ordini e, quindi, di lavoro», si sottolinea sempre nella nota diramata oggi. e non solo: accanto alla riduzione della domanda di acciaio in Italia si è registrato un «aumento senza precedenti delle importazioni da paesi terzi»: nei primi quattro mesi del 2019 le importazioni di prodotti da coils e lamiere sono aumentate del 51% rispetto allo stesso periodo del 2018 (anno quest’ultimo già di per sé record per importazioni da paesi terzi)». Inoltre, tale contesto «sopravviene a un periodo in cui le scorte a magazzino sono aumentate ben oltre i livelli standard di giacenza». Ad aggravare la situazione, infine, intereverrebbero anche «le deboli misure di salvaguardia per le importazioni di acciaio adottate dalla commissione Ue, che ci rendono vulnerabili in un momento in cui i prezzi dell’acciaio sono bassi, i costi energetici elevati e i costi delle materie prime in continuo aumento». Nella nota, allora, si ricorda che ieri 45 amministratori delegati dei più importanti gruppi siderurgici europei hanno scritto una lettera aperta ai capi di Stato e di governo della Ue e alle istituzioni comunitarie, per chiedere un’azione urgente a sostegno del settore. E intanto, come al solito, chi ci rimette sono i lavoratori: per ora, ben 1400 operai.

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