La pirotecnica rotta a zig zag della Sea Watch. L’ironia del web: levategli il vino
Sembra la soluzione pasticciata di un rebus della Settimana Enigmistica “che cosa apparirà?” o lo scarabocchio di un bimbetto grafomane. Invece è la pirotecnica rotta percorsa dalla Sea Watch 3 negli ultimi giorni di navigazione “sospesa” al limite della acque territoriali italiane alla guida di Carola Rackete, la 31enne comandante tedesca, in attesa di passare il Rubicone e sbarcare a Lampedusa. Lo ha annunciato, sprezzante del pericolo, dalle colonne di Repubblica: «Entro nelle acque italiane e li porto in salvo a Lampedusa. Non ho altra scelta». A la guerre comme à la guerre. La nuova eroina dell’umanitarismo planetario è pronta e il tracciato impazzito non è uno scherzo. La rotta dell’imbarcazione della Ong olandese, la più solerte e interessata al salvataggio degli immigrati in mare, è pubblicato sull’account Twitter della stessa organizzazione non governativa con tanto di scritta “Disegna il confine tra acque territoriali italiane e quelle internazionali. Lo vedete? Lo stanno percorrendo forzosamente 42 persone che l’Europa, continente di 500 milioni di abitanti, non vuole. Quarantadue”. L’immagine, diventata virale a tempo di record, vorrebbe condannare visivamente il “silenzio assordante dell’Europa, più pesante del catenaccio italiano” twittano i volontari, sfidare il nemico Salvini e, perché no, dimostrare la perizia nautica della capitana: l’arte dello zigzagare nel Mediterraneo. La linea grigia sfocata, una C rovesciata a sud-est di Lampedusa, segna il limite delle acque territoriali italiane, il tratto blu scuro è il percorso sali e scendi della Sea Watch. In base alle norme del decreto Sicurezza bis, se dovesse oltrepassare quella linea la nave sarebbe sequestrata, il capitano e la ong costretti a pagare multe da migliaia di euro e accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
I social si scatenano: ma chi paga il carburante?
Mentre il destino dell’imbarcazione viene palleggiato, come da copione, tra i governi europei e l’equipaggio aspetta l’esito del ricorso alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, i social si scatenano. L’occasione, va detto, è ghiotta. “Altro che Schettino, toglietegli il vino, fategli il palloncino” è uno dei tanti commenti che ironizzano sulla scarsa lucidità del comando, “è tedesca non conosce il mare”, “ma quanto ci costa?”. A decine si interrogano sui finanziatori (“occulti”?). I più esperti di mare si peritano a fare due conti: “la scala è di 5 miglia per 1 cm, la lunghezza di ogni tragitto è di circa 12 cm. più i vari spezzettamenti…….erano arrivati in Antartide passando da Città del Capo!!! , “Forse è l’elettro-encefalogramma della comandante…”, è uno dei commenti sulla giovane capitana, aria da figlia dei fiori e dubbia patente nautica. “In tredici giorni sarebbero arrivati a Rotterdam”.
Quella rotta è un boomerang mediatico. Quella rotta fotografa più di tante parole le ombre nere che si allungano su una drammatica vicenda che si ripete sempre uguale. L’ignobile business sulla pelle degli immigrati, le strane coincidenze nella tempistica dei soccorsi, i rapporti ambigui con gli scafisti, i costi stellari delle operazioni. Categorica la risposta del ministro dell’Interno alla comandante Rackete: «Se la Sea Watch avesse avuto a cuore la salute delle persone a bordo, in questi 13 giorni sarebbe già andata in Olanda. Per me può rimanere in mare fino a Natale o Capodanno, in Italia non arriva».
La capitana della SeaWatch è doppiamente criminale. 1) per aver violato le leggi italiane. 2) Per un calcolo politico ha gioocato sulla pelle di 43 poveri disgraziati tenedoli in ostaggio per 2 settimane solo per sfidare il governo italiano. Ricordo che in due settimane avrebbe potuto raggiumngere un porto sicuro nel mediterraneo: Slovenia, Croazia, Montenero, Albania, Grecia, Cipro, Malta, israele, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Spagna, Francia. Ma no! Per lei esisteva solo l’Italia perché sostenuta dalle nostre sinistre che sono contro gli italiani.