Mafia, strage di via d’Amelio: a distanza di 27 anni indagati anche alcuni pm

11 Giu 2019 18:42 - di Redazione
Fu depistaggio

Nuovo colpo di scena nell’inchiesta sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio. A distanza di 27 anni, la Procura di Messina, come apprende l’Adnkronos, ha iscritto nel registro degli indagati, con l’accusa di calunnia aggravata, alcuni magistrati, i cui nomi sono ancora top secret. Certo è che si tratta di alcuni pm che indagarono sulla strage in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Nello scorso novembre la Procura di Caltanissetta, che ha istruito il processo per il depistaggio delle indagini sull’attentato, aveva trasmesso una tranche dell’inchiesta ai colleghi messinesi perché accertassero se nella vicenda, ci fossero responsabilità di magistrati. Così la Procura di Messina ha aperto in un primo tempo un fascicolo di atti relativi, una sorta di attività pre-investigativa sfociata adesso in una inchiesta per calunnia aggravata.

Mafia, il 19 una perizia su alcune microcassette

Spuntano 19 microcassette nella inchiesta coordinata dalla Procura di Messina su alcuni pm che indagarono sulla strage di via D’Amelio. Si tratta di 19 supporti magnetici contenenti registrazioni prodotte con vecchie strumentazioni dell’epoca di cui adesso i magistrati vogliono conoscere i contenuti. Proprio per questo motivo, come apprende l’Adnkronos, si farà il prossimo 19 giugno un «accertamento tecnico non ripetibile» al Racis di Roma. L’atto è stato notificato oggi pomeriggio ai magistrati indagati, sui cui nome vige il silenzio.

Strage di via d’Amelio: il depistaggio delle indagini

Nel documento inviato dai pm di Caltanissetta a Messina si fa riferimento alla sentenza del processo Borsellino quater. Nelle motivazioni del verdetto i giudici della corte d’assise parlavano di depistaggio delle indagini sull’attentato al magistrato. Depistaggio su cui i pm di Caltanissetta hanno indagato e poi incriminato tre poliziotti del pool che indagò sull’eccidio, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Ma nella sentenza si denunciavano anche gravi omissioni nel coordinamento dell’indagine, costata la condanna all’ergastolo di otto innocenti, coordinamento che spettava ai pm dell’epoca. Tra cui Carmelo Petralia, ora aggiunto a Catania. Da qui la competenza sulla nuova indagine in capo alla Procura messinese. Tra i magistrati che indagarono anche Nino Di Matteo, attualmente alla Dna, Annamaria Palma, avvocato generale di Palermo, Giovanni Tinebra, nel frattempo deceduto.

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