Ong, il buonismo milionario: tutte le cifre pazzesche legate alla questione migranti
Cifre pazzesche. Dietro l’attività delle Ong nel Mediterraneo si muovono cifre da capogiro. Milionarie. Le voci sono tante e costose: benzina, aerei, navi, equipaggio, campo base, logistica, consulenze legali e via dicendo. Basta dare un’occhiata al bilancio pubblicato online dalla ong tedesca Sea Watch – aggiornato al 2017-2018 – per avere una idea. Sulla colonna delle entrate risultano 1,6 milioni di euro incassati da varie donazioni, cifra cresciuta nel 2018, arrivando a 1,7 milioni di euro.
Le spese di Sea Watch
Ma sono le uscite a destare sconcerto. Due anni fa l’Ong tedesca ha speso 456mila euro per l’acquisto di Sea Watch 3, la nave attualmente operativa, e altri 328mila per le sue operazioni. Poi a bilancio risultano altri 421mila euro per Sea Watch 2 e 70mila per la Sea Watch 1. Il Giornale spulcia per bene il bilancio. E leggiamo, dunque, che a queste spese già molto ingenti si aggiungono anche 359mila euro per far decollare il Moombird, che è l’aereo da ricognizione che oggi fa base a Lampedusa; 54mila euro per il camp Malta e 262mila per l’equipaggio di terra. Totale: 1,9 milioni di euro, dunque più di quanti ne avesse incassati nel 2017.
La raccolta di fondi
La raccolta fondi del 2018, di 393mila euro, è riuscita a far quadrare i conti. «Dall’autunno del 2017 in mare Sea Watch ha lasciato navigare solo una delle navi che però è costata la cifra monstre di 784mila euro più spiccioli». Ancora: il piccolo velivolo che avvista barconi e comunica le coordinate della loro posizione è costato altri 796mila euro, la “landcrew” 304mila euro, il “camp Malta” altri 55mila e il team italiano ben 62mila. Si tratta – si legge sul bilancio – di cifre “provvisorie fino alla fine del terzo trimestre”. Sottotesto: potrebbero essere molto più alte.
Le spese di Sea Watch
Sea Watch 3 tra gennaio e ottobre del 2018 ha speso 89mila euro di diesel, 102mila euro per “fornitori di servizi esterni” (probabilmente il capitano e il meccanico), 36mila euro in telecomunicazioni, 77mila euro in tasse, 31mila in spese legali e 77mila per la manutenzione dello scafo. Per l’attività dell’aereo Moonbird per l’intero 2018 i 262mila euro sono serviti per coprire (tra gli altri) gli 8mila euro di affitto degli hangar, i 15mila di assicurazioone e i 162mila per le tasse aeroportuali e la benzina. Viene in soccorso la chiesa evangelica di Germania per il Cirrus SR22 monomotore (di cui ogni decollo costa 2.800 euro) che, «dopo aver aiutato l’acquisto del mezzo nel 2017 con 100mila euro, tra il 2018 e il 2020 ha messo a disposizione una “generosa concessione” che permette di coprire tutti i costi del progetto».
I costi per la Mare Jonio
E veniamo a casa nostra. Per mettere in acqua la Mare Jonio, l’Ong italiana ha potuto contare sul sostegno di molti per un totale di 98.115 euro; più prestiti solidali infruttiferi per 115.000 euro. «Poi Banca Etica ha fatto il resto, concedendo “una linea di credito di 465.000 euro”. Da ottobre, poi, “oltre 5.000 donatori hanno donato (al 25 marzo 2019) “518.533 euro ai diversi canali di crowdfunding”. Le entrate però dovrebbero essere inferiori alle uscite, che al marzo scorso erano a quota 1,2 milioni di euro. La Nave Ionio è costata 360mila euro e per i lavori di adattamento altri 288mila euro. Poi l’Ong ha investito in “moderni sistemi di comunicazione” e radar quasi 70mila euro. «Per gli stipendi dell’equipaggio sono partiti 81mila euro, per il gasolio 90mila, per la counicazione 74mila euro, per le imbarcazioni d’appoggio 82mila euro e per le consulenze professionali (tra cui gli avvocati) ben 32mila euro. In totale “le spese complessive di gestione dei primi sei mesi di navigazione e attività” arrivano a 554.605 euro. La flotta dalle “uova d’oro”. Ditelo ai buonisti.