Simeone: “Sanità, Zingaretti esca dal suo mondo dorato che nasconde i guasti”
L’assistenza sanitaria nel Lazio nonostante i tagli, il commissariamento, i disservizi, può vantare dei picchi di eccellenza anche se poco percepiti dagli stessi cittadini. La nostra sanità si regge grazie alla presenza di ottimi professionisti e ad alcune importanti certezze.
Penso all’ospedale Sant’Andrea dove si è effettuato un intervento senza precedenti in Italia e con pochi precedenti al mondo. Al tavolo operatorio dell’azienda ospedaliero-universitaria romana l’equipe chirurgica ha eseguito nei mesi scorsi un eccezionale intervento di trapianto di faccia in grado di dare un volto nuovo a una paziente sfigurata da una malattia neurodegenerativa congenita.
Ma penso anche all’importanza della rete per l’infarto. Quello della regione Lazio è un modello da esportare. Un’eccellenza che ha portato risultati importanti in termini di vite salvate e sul piano dell’efficienza e della qualità del sistema. Il sistema di emergenza ha un ruolo fondamentale nella gestione precoce dell’emergenza cardiologica, essendo non solo uno strumento per il trasporto del paziente ma anche un sistema in grado di ottimizzare il processo di diagnosi precoce, triage e trattamento.
Per fortuna c’è chi lavora…
Peccato, però, che il lavoro dei sanitari rischia di essere offuscato dai problemi cronici dei nostri nosocomi. Nonostante il grande spirito di sacrificio del personale sanitario, rimane un gap profondo e difficile da sanare in termini di efficienza, se non si interviene in modo concreto.
Io non so fino a che punto possiamo pretendere dai nostri operatori, dai medici, dagli infermieri, da tutti quelli che lavorano nella sanità, ulteriori sacrifici, ulteriori rinunce alle proprie ferie e ai giusti quotidiani riposi che devono effettuare. Sono sempre in trincea, io raccolgo ogni giorno richieste di medici che non chiedono qualcosa per il loro servizio, per il loro reparto, per il miglioramento della propria carriera, chiedono l’aumento di altri medici, di altri infermieri, di altri operatori, questo è il dramma, la quotidianità dei nostri ospedali.
Ospedali depotenziati
Siamo rimasti in una fase emergenziale che passa per ospedali depotenziati e servizi erogati solo grazie al personale e alle eccellenze che operano nelle strutture sanitarie del Lazio. Peccato che i livelli essenziali di assistenza siano ancora appesi ad un filo tra inadempienze ed omissioni e che le liste di attesa siano ogni giorno più lunghe, nonostante ben tre piani straordinari siano stati promossi per accorciare i tempi.
Per capire che le cose vanno sempre peggio, basta leggere il report del ministero della Salute sui primi 4 mesi del numero verde 1500. Il documento descrive una situazione disastrosa per quanto riguarda l’offerta sanitaria del Lazio.
Nel Lazio liste d’attesa lunghissime
La regione maggiormente segnalata per eccedenza dei tempi di erogazione delle prestazioni di primo accesso è risultata ancora una volta il Lazio con il 22.4%. Per visite oculistiche e cataratta si deve attendere 11-12 mesi. Per non parlare della mammografia, dove i tempi possono raggiungere i 13-14 mesi. La situazione è drammatica nelle strutture d’emergenza. I Pronto Soccorso esplodono. Ormai sono diventati degli autentici ‘gironi infernali’.
Negli ultimi mesi è apparso sempre più evidente il problema più generale di ambulanze del 118 ferme perché le barelle che vengono utilizzate per trasportare i pazienti si trasformano in letti di fortuna a causa dell’assenza di posti letto.
Per di più dobbiamo registrare la fuga di medici e personale sanitario e soprattutto quella degli utenti. Il saldo fra mobilità attiva e passiva nella nostra regione segna un desolante -150 milioni di euro. La gente del Lazio scappa e va a curarsi fuori. Questo è il risultato della gestione Zingaretti.
Manca la capacità, da parte di chi ha governato la Regione Lazio, di creare una rete territoriale di assistenza basata su una sinergia tra Case della salute, ambulatori di medicina generale e ospedali.
Cambiare rotta
Da tempo ho chiesto sia alla Regione Lazio un cambio di rotta sulle politiche sanitarie. Il vero obiettivo deve essere quello di rafforzare il territorio. Occorre in particolare ripensare ad un nuovo modello di sanità in grado di privilegiare l’offerta extraospedaliera.
Le nostre aziende sanitarie danno spesso l’indicazione di recarsi in ospedale solo per le massime urgenze spiegando che esistono anche i medici di base e le strutture ambulatoriali sul territorio dedicate ai codici bianchi. Ad oggi però sul campo di risultati se ne sono visti pochi. Anzi, a dire il vero, l’unico risultato ben visibile oggi è che a pagare sono solo i nostri cittadini, privati di servizi, costretti a rinunciare alle cure perché, purtroppo, non hanno disponibilità per rivolgersi al privato.
I servizi territoriali oggi funzionano poco e male. I distretti appaiono svuotati mancando di medici ed infermieri. Quanto alle Case della salute, per ora siamo fermi al taglio dei nastri e alla politica degli annunci. Infatti non è ancora chiaro il ruolo di queste strutture nell’offerta sanitaria e non si sa ancora quali risultati abbia prodotto.
Per non parlare della chiusura dei Punti di Primo intervento, dove mediamente si registrano circa 15.000 accessi all’anno. Ricordo che proprio in queste strutture si effettuano anche analisi di base, elettrocardiogramma, suture e terapia infusionale, questo è un grosso filtro che sta sul territorio, e questo filtro viene a cadere.
Basta proclami
Non devono dunque meravigliare i recenti risultati scadenti riferiti alla sanità laziale. Nei giorni scorsi è arrivata una doppia bocciatura. Prima il rapporto Salute de Il Sole 24 ore, dove la regione si segnala per le eccellenze mediche ma anche per l’assistenza territoriale inadeguata.
Ancora più inquietante è il rapporto elaborato dall’Istituto Demoskopika, che ha messo a nudo le croniche difficoltà del sistema sanitario nella nostra regione, collocato al 12° posto su scala nazionale, dietro persino il Molise. Questo è il risultato conseguito dall’amministrazione Zingaretti a distanza di sei anni dal suo insediamento.
Non deve meravigliare soprattutto un dato: il disagio percepito dai cittadini. Infatti il Lazio è in coda alla graduatoria per il minor livello di soddisfazione, pari mediamente al 20%, in compagnia di Sardegna, Sicilia, Campania, Calabria, Basilicata e Puglia. D’altronde basta scendere sul territorio per vedere qual è lo stato delle nostre strutture. Ci troviamo davanti a copioni che si ripetono stancamente ormai da diverso tempo.
Non bastano i proclami, servono i fatti per la sanità del Lazio. Non si intravede la capacità, in chi governa la Regione Lazio, di creare una rete territoriale di assistenza basata su una sinergia tra Case della salute, ambulatori di medicina generale e ospedali.
Una classe dirigente capace dovrebbe inoltre programmare, individuare le priorità e attuarle, come hanno fatto altre Regioni. Facile scorgere l’accentuarsi di nuove e vecchie problematiche: il progressivo invecchiamento della popolazione, collegato all’aumento della prevalenza nel territorio delle patologie croniche e quindi di pazienti complessi, l’ondata di pensionamenti di medici prevista nei prossimi anni. Tutto questo rende urgente un cambio di strategia.
Per questo, lo dico senza vena polemica, non basta il taglio dei nastri.
I vertici della Regione Lazio escano dal loro mondo ‘dorato’, fatto di cerimonie ‘private’ con i soldi pubblici, scendano piuttosto fra i cittadini, toccando con mano i risultati della politica disastrosa portata a termine in questi anni. Rinnovo l’invito al presidente Zingaretti a venire con noi sul territorio per constatare in prima persona i disagi che gli utenti vivono ogni giorno.
*presidente commissione sanità regione Lazio, consigliere di Forza Italia