Toghe rosse, Salvini non molla: «Nessuna lista nera. Stop ai magistrati schierati»
Nessuna black list del Viminale, nessun elenco di magistrati “resistenti” all’applicazione delle norme sull’ingresso dei migranti in Italia. Il giorno dopo le polemiche che, tanto per cambiare, lo hanno visto al centro di un autentico fuoco di sbarramento, dagli studi di Mattino 5, trasmissione di Canale 5, Matteo Salvini sente il bisogno di tirare il freno: «Non faccio liste. Ho preso solo atto che su migliaia di giudici che fanno onestamente, obiettivamente, concretamente il loro lavoro, c’è qualcuno che fa politica». Secondo Salvini si tratta di magistrati che «fanno interventi, vanno a convegni, scrivono libri, a favore delle porte aperte all’immigrazione». «Mi chiedo – ha aggiunto – se è normale che questi magistrati poi debbano giudicare sulle domande dei richiedenti asilo e sulle norme del ministero dell’Interno sull’immigrazione. Dovrebbero essere imparziali, al di sopra della politica. Ma se invece vuoi fare politica, smetti di fare il giudice e ti candidi, con la sinistra».
Salvini sbaglia nella forma, non nella sostanza
Salvini, si sa, non è un cultore del galateo istituzionale. Ma al netto di questo, che pure ha la sua importanza, nella sostanza il ministro ha ragione: se un giudice non si fa scrupoli a far conoscere come la pensa in politica, nel caso di specie sull’immigrazione, non deve poi meravigliarsi né dolersi se qualcuno dubita della sua imparzialità quando si trova a decidere su un caso concreto afferente a quella tematica. Ma tant’è: è bastato che Salvini ricordasse questa elementare verità per finire nel ciclone delle polemiche.
La Cirinnà: «Siamo in piena “resistenza”»
Ne ha approfittato anche la senatrice Monica Cirinnà, madre della legge sulle nozze gay, per sparare la sua e parlare di «intimidazione senza precedenti da parte del ministro dell’Interno». «In questo momento – ha proseguito l’esponente del Pd – pratichiamo la “resistenza” stringendoci attorno a tutti gli operatori della giustizia, magistrati e avvocati in primo luogo, per preservarne autonomia e indipendenza: tanto più in un momento nel quale il Csm sta reagendo a quello che sembra essere uno dei più gravi episodi di corruzione e inaccettabile contaminazione politica della sua storia». Episodi, aggiungiamo noi, che vedono al centro proprio due suoi compagni di partito, Lotti e Ferri. Ma questo, ovviamente, la senatrice Cirinnà non lo ha detto.