Tumori: nuova “arma” per combattere il cancro ai polmoni in stato avanzato
La lotta contro il cancro ai polmoni evolve. I pazienti «con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio III, non operabile, che da 15 anni non avevano a disposizione nessuna nuova arma terapeutica, ora ne hanno una». Lo ha affermato Giorgio Scagliotti, direttore del dipartimento di Oncologia medica dell’università di Torino e presidente dell’International Association for the Study of Lung Cancer (Iaslc), presentando all’Asco (American Society of Clinical Oncology) di Chicago i dati sulla molecola durvalumab di Astrazeneca, unica immunoterapia con sopravvivenza globale a tre anni per questa forma di tumore. In base ai dati dello studio Pacific di fase III, il 57% dei pazienti è vivo dopo tre anni rispetto al 43,5% con placebo. «Durvalumab – ha sottolineato Umberto Ricardi, direttore del dipartimento di Oncologia della Città della Salute e della Scienza di Torino e presidente Estro (European SocieTy for Radiotherapy and Oncology) – rappresenta indubbiamente un importante progresso nel trattamento di questi pazienti e supporta l’introduzione dell’immunoterapia come nuovo approccio terapeutico in grado di ottimizzare l’efficacia degli attuali standard di trattamento con chemio-radioterapia. Emerge inoltre il ruolo chiave del team multidisciplinare per un’adeguata selezione e per la corretta gestione dei pazienti con tumore polmonare localmente avanzato».
«Prima della disponibilità di durvalumab per il trattamento dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio III, non operabile, i tassi di sopravvivenza a cinque anni erano limitati al 15-30% – ha aggiunto Jhanelle Gray, direttore del dipartimento di Oncologia toracica al Moffitt Cancer Center di Tampa, in Florida, tra gli autori dello studio Pacific – È straordinario vedere che più della metà dei pazienti trattati con il regime Pacific è ancora in vita dopo tre anni. Un risultato che innalza la barra per i trattamenti in questo setting a intento curativo».