Uccise un ladro, per la legge è innocente. Ma i giudici del Tar gli tolgono la pistola
Non basta che un giudice penale ti dichiari innocente perché un giudice amministrativo ti restituisca la pistola. Sembra non finire mai l’odissea giudiziaria di Francesco Sicignano, il pensionato di Vaprio D’Adda che nel 2015 colpì e uccise con un colpo d’arma da fuoco un ladro albanese, Gjergi Gjoni, mentre cercava di intrufolarsi nella sua cucina. Come da prassi, Sicignano fu indagato per omicidio volontario, ma alla fine del 2017, come ha ricordato un servizio de Il Giorno, l’accusa contro di lui fu archiviata. Decisivo fu infatti l’esito delle perizie che avevano confermato come il pensionato avesse agito per legittima difesa. Ma tutto questo non è stato sufficiente a ritornare in possesso della Colt 38, la stessa arma con cui aveva centrato il malvivente albanese, nonostante fosse stata dissequestrata.
Francesco Sicignano sparò per legittima difesa
A decidere il sequestro della pistola fu la prefettura di Milano che dopo la sparatoria vietò a Sicignano di detenere «armi, munizioni ed esplosivi». Decisione impugnata dal pensionato. Ma senza successo. Infatti, nelle motivazioni addotte dai giudici del Tar del capoluogo lombardo si legge che anche a distanza di anni a contare sono «la situazione di fatto e del quadro normativo di riferimento esistenti al tempo di emanazione del provvedimento». Diverso, invece, il pronunciamento nei confronti del figlio che abita al primo piano della villa di famiglia, oggetto dello stesso divieto come «convivente», che invece ha ottenuto il via libera da parte dei giudici perché residente in una «distinta unità abitativa».
Per ottenere la pistola dovrà richiedere un nuovo porto d’armi
Per riottenere la pistola Sicignano potrà comunque fare nuovamente richiesta per il porto d’armi. Proprio qualche giorni fa, il pensionato aveva rilasciato un commento in merito alla sentenza d’appello che ha condannato a quattro anni e 11 mesi Walter Onichini, l’uomo che aveva sparato ad un ladro entrato nella sua casa di Legnaro, in provincia di Padova, per tentare di rubargli l’auto. «È naturale – aveva risposto all’Adnkronos – che se uno ti aggredisce in casa tua, ti difendi, e non è ammissibile che poi il ladro ti chieda anche il risarcimento del danno. Occorre una riforma della Costituzione, in cui ci siano pene più severe per la violazione di domicilio».