Visite specialistiche, l’incubo del servizio pubblico: ecco i tempi e costi delle liste d’attesa

13 Giu 2019 14:29 - di Redazione

Quello che un tempo era una battuta tipica di umorismo da bar, finita nei copioni di tirate comiche e gag cinematografiche, è diventata oggi una drammatica realtà: prenotarsi visite mediche specialistiche può voler dire sentirsi dare un appuntamento anche un anno dopo, se non più tardi. Un dato, ahinoi, evidenziato anche da report di settore e indagini sociologiche come quella riferita da Cinque Quotidiano che, riguardo le prestazioni sanitarie, fa sapere che «sono 20 milioni gli italiani che almeno una volta l’anno se le pagano privatamente, e nel Lazio non va meglio» date le lunghe, lunghissime liste d’attesa nelle strutture pubbliche.

Visite mediche:  d’obbligo la rinuncia a fruire del servizio sanitario nazionale

Di più: entrando nel dettaglio dell’indagine intitolata il IX Rapporto Rbm-Censis sulla Sanità presentato oggi al Welfare Day 2019, Cinque Quotidiano rimarca il punto d’arrivo della ricerca effettuata su un campione nazionale di 10.000 cittadini maggiorenni, statisticamente rappresentativo della popolazione, è cioè quello secondo cui «un terzo della popolazione italiana, 19,6 milioni si è pagato la prestazione dopo aver provato a prenotare nel Servizio sanitario nazionale e a causa dei lunghi tempi d’attesa», sottolineando quindi che, come si legge nell’indagine, in tal modo «i forzati della sanità di tasca propria pagano a causa di un Servizio sanitario che non riesce più a erogare in tempi adeguati prestazioni incluse nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e prescritte dai medici».

Liste d’attesa lunghissime: sono almeno 20 milioni italiani costretti a pagare privatamente

Dunque, piuttosto che ritardare diagnosi e prevenzione, e indipendentemente dalle possibilità o dal sacrificio economico dei singoli soggetti interpellati per lo studio, come ci dice la ricerca presentata oggi «il 62% di chi ha effettuato almeno una prestazione sanitaria nel sistema pubblico ne ha effettuata almeno un’altra nella sanità a pagamento: il 56,7% delle persone con redditi bassi, il 68,9% di chi ha redditi alti, il che dimostra che i ceti meno abbienti in proporzione sono comunque i più colpiti nel portafoglio». E del resto, prosegue il report ripreso dal sito citato poco sopra, «in 28 casi su 100 i cittadini, visto che i tempi d’attesa sono eccessivi o trovate le liste chiuse, hanno scelto di effettuare le prestazioni a pagamento (il 22,6% nel Nord-Ovest, il 20,7% nel Nord-Est, il 31,6% al Centro e il 33,2% al Sud)». Quindi, in finale, virgola più, virgola meno, praticamente «transitano nella sanità a pagamento il 36,7% dei tentativi falliti di prenotare visite specialistiche (il 39,2% al Centro e il 42,4% al Sud) e il 24,8% dei tentativi di prenotazione di accertamenti diagnostici (il 30,7% al Centro e il 29,2% al Sud)» con una prima conseguenza che ricade sulle spalle dei contribuenti: e cioè che i Lea, a cui si ha diritto in teoria vengono di fatto il più delle volte negati a causa delle difficoltà di accesso alle visite mediche e prestazioni sanitarie garantite dalla sanità pubblica.Tanto che, come sottolinea il report, «nell’ultimo anno il 44% degli italiani si è rivolto direttamente al privato per ottenere almeno una prestazione sanitaria, senza nemmeno tentare di prenotare nel sistema pubblico. È capitato al 38% delle persone con redditi bassi e al 50,7% di chi ha redditi alti».

Qualche esempio dei mesi d’attesa per le diverse prestazioni sanitarie

Del resto, se in media occorrono 128 giorni d’attesa per una visita endocrinologica, 114 giorni per una diabetologica, 65 giorni per una oncologica, 58 giorni per una neurologica, 57 giorni per una gastroenterologica, 56 giorni per una visita oculistica: e se, nell’ambito degli accertamenti diagnostici, occorre attendere in media 97 giorni per effettuare una mammografia, 75 giorni per una colonscopia, 71 giorni per una densitometria ossea, 49 giorni per una gastroscopia, il perché ci si rivolga al privato è presto detto. E, come ribadito già in apertura, «la situazione non è certo migliore per quanto riguarda il Lazio cui possiamo aggiungere 11 mesi per una ecografia cardiaca e quasi 5 mesi per una spirometria». Risultato: «La spesa sanitaria privata media per famiglia ha raggiunto quota 1.437 euro” ha detto Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di Rbm Assicurazione Salute, con la «necessità di pagare di tasca propria che cresce in base al proprio stato di salute e all’età»…

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