Autonomia rafforzata, maggioranza ai ferri corti. I leghisti: «Grillini sleali»
Da Napoli, dove ha partecipato alla cerimonia di insediamento dell’Osservatorio sull’Autonomia istituito dall’università Federico II, Luigi Di Maio “riscopre” il valore strategico del Mezzogiorno e lancia segnali tutt’altro che distensivi all’alleato Salvini e, per giunta, sul tema più caro ai leghisti: la devoluzione di nuove competenze e nuove risorse ai governatori delle tre regioni che ne hanno fatto richiesta, cioè Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Si chiama autonomia differenziata e il M5S, al momento della nascita dell’esecutivo guidato da Conte, ne accettò senza fiatare l’inserimento nel contratto di governo. Forse perché non ne aveva capito la portata, forse perché pensava si trattasse di una bandierina da sventolare ogni tanto per far contento il Nord.
Da Di Maio ancora stop all’autonomia rafforzata
Sia come sia, la batosta elettorale patita alle elezioni europee di maggio ha evidenziato come il serbatoio elettorale del MoVimento stia soprattutto al Sud, cioè la vittima designata della cosiddetta secessione dei ricchi. E questo spiega perché Di Maio ora stia tirando il freno a mano. Ufficialmente, non per bloccare l’autonomia rafforzata, ma solo per correggerla e migliorarla. Nei fatti, però, il provvedimento non ha fatto un solo metro in avanti. Da Napoli, anzi, Di Maio gliene ha fatto fare molti indietro gettando sul piatto della bilancia tre nuove condizioni: individuazione dei Lep (Livelli essenziali di prestazione) uguali per tutte le regioni, ruolo del Parlamento nella individuazione delle competenze da devolvere ai governatori e, infine, piano straordinario d’investimenti per il Sud.
La rabbia dei governatori del Nord
Tanto è bastato perché dalle parti della Lega, com’era prevedibile, scattasse l’allarme rosso: Zaia e Fontana stanno pressando Salvini molto da vicino e accusano di «slealtà» Di Maio. I governatori si definiscono «delusi e arrabbiati». Al momento, i loro strali colpiscono solo i Cinquestelle, ma tutto autorizza a pensare che un prolungato attendismo di Salvini sull’autonomia differenziata possa essere scambiato per accondiscendenza in nome del potere e denunciato politicamente al cosiddetto popolo del Nord. Fortuna che il “generale agosto” sia ormai alle porte. Nessuno meglio di lui sa ricacciare indietro cattivi pensieri e propositi bellicosi.