Dopo il successo sulla Tav, Salvini prenota il bis sull’autonomia: «Subito il vertice»
Che cosa c’entra la Tav con l’autonomia rafforzata del Nord? Poco o niente, a prima vista, almeno sotto il profilo del merito della questione. C’entra molto – eccome – sotto quello politico. Perché la batosta patita da Di Maio sulla prima ha convinto i fautori della seconda che il crollo psicologico del M5S sia irreversibile e che i grillini siano ormai incapaci di opporre un qualunque argine allo straripamento della Lega. Basta del resto sentire Salvini per rendersene conte. Fosse per lui il prossimo vertice sull’autonomia si dovrebbe fare prima di subito. «Già questa settimana», auspica. «Anche perché – aggiunge – tra vertici, controvertici e riunioni, ormai ho perso il conto di quanti ne abbiamo fatti».
Lo stop di Musumeci: «L’autonomia non danneggi il Sud»
Ma sono in molti a riprendere fiato e coraggio sull’autonomia rafforzata del Nord. E così ognuno se la gira a proprio uso e consumo nel tentativo di una difficile quadratura del cerchio tra le richieste di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e l’unità nazionale: «Credo molto al federalismo differenziato e all’autonomia – informa dal festival film di Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno, Mariastella Gelmini -. Non è battaglia contro il Mezzogiorno. È una battaglia culturale. Il centralismo – conclude – ha già penalizzato il Mezzogiorno». In realtà, il centralismo non esisterebbe più da una ventina d’anni, ma è un dettaglio evidentemente sfuggito al capogruppo di Forza Italia alla Camera.
Gli apprendisti stregoni del Pd
Uno sguardo al Sud lo lancia anche Nello Musumeci: «Noi siamo convinti autonomisti – ricorda il governatore della Sicilia -, ma solo se l’autonomia si traduce in maggiori competenze e responsabilità senza danno per le regioni più povere, non a danno del Sud. E su questo, noi restiamo fermi e perentori». Decisamente oltre il ridicolo gli apprendisti stregoni del Pd: nel 2001 hanno modificato in senso regionalista il Titolo V della Costituzione, con il governo Gentiloni hanno approvato le pre-intese grazie alle quali oggi i governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia chiedono ancora più poteri e più risorse, e ora gridano alla secessione incombente come fossero dei passanti. Chiedere, per conferma, al presidente della Toscana Enrico Rossi che in una lettera al premier Conte ha chiesto di «fermare i motori» e di «ripartire da capo». Diversamente, avverte Rossi «si corre il rischio di rompere l’unità del Paese sancita dalla Costituzione». Chi l’avrebbe mai detto…