È morto Andrea Camilleri. Si è spento a Roma il papà di Montalbano
E’ morto Andrea Camilleri. Lo scrittore siciliano, 93 anni, era ricoverato al Santo Spirito di Roma da giugno in condizioni gravissime, peggiorate nelle ultime ore. Regista teatrale, sceneggiatore per 70 anni, creatore alla fine degli anni ’80 del popolare commissario Montalbano, Camilleri non aveva paura della morte. E lo dichiarava continuamente. Nelle ultime interviste amava ripetere: «Ho avuto una vita fortunata. Non ho rimpianti e non ho paura di niente, neanche della morte». «Se potessi, vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio ‘cunto’, passare tra il pubblico con la coppola in mano».
Camilleri, il debito verso Simenon
Ha regalato al personaggio di Montalbano uno spessore umano che ne ha fatto la chiave del successo dei sui libri e coseguetemente degli sceneggiati tv. La passione di Andrea Camilleri per Georges Simenon, il creatore del commissario Maigret, è nota ai lettori delle avventure del commissario Salvo Montalbano, che non perde occasione, quando il tempo tra un’indagine e l’altra glielo consente, di prendere in mano un libro del maestro belga del giallo. Una passione nata quando Camilleri nel 1966-67 lavorò come delegato di produzione della Rai, curando gli sceneggiati tv dalle inchieste di Maigret, con Gino Cervi nel ruolo del commissario parigino. Un’esperienza che deve aver cambiato per sempre la vita di Camilleri, se è vero, come affermava, che proprio allora, accanto allo sceneggiatore e drammaturgo Diego Fabbri, ha imparato a scrivere gialli. «Imparai l’arte dello scrivere romanzi gialli seguendo lo sceneggiatore, Diego Fabbri, il quale destrutturava proprio il romanzo e lo ristrutturava. Da questo montaggio e rimontaggio impari a scrivere un giallo – ha raccontato Camilleri – Ecco il mio debito enorme nei riguardi di Simenon. Anni dopo, quando mi venne in mente di scrivere il primo poliziesco, mi tornò in mente questo lavoro fatto accanto a Diego Fabbri».
Creò il “mito” di Vigata
Nell’arco della sua carriera è stato regista, autore teatrale e televisivo, ha scritto saggi sullo spettacolo, e naturalmente romanzi e racconti di successo distribuiti in tutto il mondo edito in gran parte da Sellerio. Ha vissuto gli anni della maturità a Roma, ma nel cuore c’è sempre la Sicilia. Lui, nato a Porto Empedocle (Agrigento) il 6 settembre 1925, aveva reinventato quella terra ribattezzandola Vigata, volti e storie di persone che popolano le pagine, scaturite da una inesauribile vena letteraria.
Una lingua inimitabile
Negli anni dal 1945 al 1950 Camilleri ha pubblicato racconti e poesie, vincendo anche il Premio St Vincent. Insegnante di Regia all’Accademia d’Arte Drammatica, Camilleri, sposato e padre di tre figlie, ha forgiato un linguaggio onomatopeico che è entrato nell’immaginario collettivo. La mattina, appena alzato, gli piaceva “tambiasare” per una “mezzorata” circa, facendo tutte quelle cose inutili come raddrizzare un quadro, scorgere la copertina di un libro. Nel 1978 esordisce nella narrativa, due anni dopo esce da Garzanti Un filo di fumo, primo di una serie di romanzi ambientati nell’immaginaria cittadina siciliana di Vigàta a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Ma è nel 1992, con l’apparizione de La stagione della caccia, che Camilleri diventa un autore di grande successo. Oltre alle opere ambientate nella Vigàta di un tempo, dal Birraio di Preston (1995) – il libro ai suoi tempi più venduto con quasi 70.000 copie – a La concessione del telefono (1999), ci sono i gialli della Vigàta odierna del Commissario Montalbano, con l’invenzione del quale arriva il grande successo (dal 1999 anche televisivo).
Ironia e malinconia
Nei suoi romanzi l’intreccio poliziesco è fondamentale, ma è soprattutto il pretesto per indaggare i lati umani e più oscuri delle persone. I protagonisti delle sue storie sono spesso molto divertenti ed ironici; ma anche molto malinconici, e questo vale in misura maggiore per il Commissario Montalbano.
Per primo mise in scena Beckett e Jonesco
Andrea Camilleri è stato il primo a portare le opere del drammaturgo irlandese Samuel Beckett, maestro del teatro dell’assurdo, in Italia. Fu proprio il futuro scrittore a mettere in scena “Finale di partita”, uno dei capolavori di Beckett, nel 1958 al Teatro dei Satiri di Roma; poi ne ha curato anche una versione televisiva con Adolfo Celi e Renato Rascel. A Camilleri si devono anche le rappresentazioni teatrali di testi di un altro autore del teatro dell’assurdo, il drammaturgo romeno naturalizzato francese Eugène Ionesco (“Il nuovo inquilino” nel 1959 e “Le sedie” nel 1976). Ha allestito in teatro anche opere di Arthur Adamov (“Come siamo stati” nel 1957, prima assoluta in Italia), August Strindberg, T. S. Eliot. Ha porta in teatro i poemi di Majakovskij nello spettacolo “Il trucco e l’anima”.
Camilleri appariva nelle interviste bella su nuvola di fumo, gioviale, con una verve che gli ha consentito, anche negli anni della vecchiaia, di affrontare il palcoscenico come narratore e interprete, e di tenere in pugno il suo pubblico. Con un garbo elegante, da intellettuale navigato, ha avvicinato i lettori al sicilianità. Muore un protagonista della cultura popolare che ha avvicinato milioni di persone di tutte le età alla lettura.
è morto un comunista con idee ottuse…..AMEN