Gli Usa chiudono l’ambasciata a Tunisi: si ha ragione di credere che l’Isis prepari una strage
L’ambasciata di Washington a Tunisi è stata improvvisamente chiusa oggi al pubblico per ”motivi di sicurezza”. È quanto si legge sul sito dell’ambasciata americana in Tunisia. Si tratta di una misura precauzionale, fanno eccezione i servizi di emergenza, precisa una nota. La chiusura dell’ambasciata americana segue il duplice attentato islamico contro le forze dell’ordine tunisine del 27 giugno scorso a Tunisi, costato la vita a un poliziotto. Giovedì 4 luglio ricorre inoltre l’anniversario dell’indipendenza degli Stati Uniti. Dopo gli attentati della scorsa settimana rivendicati dal sedicente Stato Islamico (Isis), a Tunisi è stata aumentata la presenza delle forze di sicurezza in diverse strade e davanti alle istituzioni, mentre agli ingressi della capitale sono stati allestiti diversi checkpoint.
Il bilancio degli attentati del 27 giugno è stato di un morto e diversi feriti. I due attacchi sono stati messi a segno da attentatori suicidi nel centro di Tunisi. La prima esplosione è avvenuta lungo rue Charles de Gaulle, vicino a una pattuglia delle forze di sicurezza, poco lontano dall’ambasciata francese. Secondo il ministero degli Interni, un agente della polizia municipale è morto e un altro è rimasto ferito. Feriti anche tre civili. Poco dopo c’è stata una seconda esplosione che ha colpito il retro degli uffici della Polizia giudiziaria nel quartiere di El Gorjani e qui – stando al ministero degli Interni – sono rimasti feriti quattro agenti. In Tunisia è in vigore lo stato d’emergenza dal 24 novembre 2015, quando l’Isis attaccò un bus della guardia presidenziale con un bilancio di 12 agenti uccisi. Il 2015 era stato anche l’anno degli attacchi al Museo del Bardo, dove persero la vita anche quattro italiani, e sulla spiaggia di Susa. Lo Stato Islamico ha così rivendicato i due attacchi: “I responsabili dei due attacchi contro membri della sicurezza tunisina sono combattenti dello Stato Islamico” ha scritto l’agenzia dell’Isis Amaaq in un messaggio su Telegram.