Luz Long, l’atleta amico di Owens assassinato dagli americani dopo che si era arreso

14 Lug 2019 17:42 - di Antonio Pannullo

Terribile è la storia di Luz Long, il saltatore in lungo tedesco, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Berlino, famoso per essere diventato amico del campione americano Jesse Owens durante le Olimpiadi stesse, che recentemente è stato ricordato dai media come esempio di sincero spirito sportivo. Si chiamava Carl Ludwig Herman Long, detto Luz, ed era nato a Lipsia. Alto, biondo, occhi azzurri, era il prototipo perfetto di ariano che piaceva ad Adolf Hitler, ma non ce la fece a battere Jesse Owens, che anzi, vinse proprio grazie al consiglio che gli dette Long di prendere la rincorsa partendo 30 centimetri prima dell’inizio della pedana di rincorsa.

E al salto vittorioso, Long fu il primo ad andarsi a congratulare sinceramente con lui. Lo stesso Owens negli anni successivi ricordò più volte quell’episodio e la stretta amicizia che legò i due atleti per molti anni. Fino alla morte di Long, per mano americana, il 14 luglio del 1943, in Sicilia. Prima di rievocare quel crimine, vorremmo ricordare che non è affatto vero che Hitler rifiutò di stringere la mano a Owens perché di colore: Hitler dopo la vittoria gli fece un saluto con la mano dal palco, perché è noto che non amava stringere la mano a nessuno. La strinse solo agli atleti tedeschi che avevano vinto le medaglie d’oro. Al contrario, fu il presidente della “democratica” America Franklin Delano Roosevelt che non incontrò Jesse Owen al suo ritorno trionfare negli States, dove il razzismo era ancora imperante e dove durò sino agli anni Sessanta e oltre.  Ma questa è un’altra storia.

Tornando a Long, fu richiamato alle armi nell’aviazione tedesca, la Luftwaffe, che lo mandò di stanza a Niscemi, in Sicilia. Il 9 luglio 1943 gli “alleati” lanciarono l’Operazione Husky, ossia lo sbarco in Sicilia, preceduto dal famoso discorso del comandante della VII Armata generale George Patton che, in un discorso motivazionale agli ufficiali del 45° Fanteria, disse testualmente, secondo le testimonianze dei processi successivi: “Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali!”. L’invasione della Sicilia fu caratterizzata da atrocità e da durissimi combattimenti, ma anche da crimini di guerra americano, come il massacro di Biscari, nel quale appunto perse la vita Luz Long, che allora aveva trent’anni. Dopo la strage di Vittoria, del 10 luglio, dove persero la vita 12 civili italiani, tra cui il figlio 17enne del podestà di Acate, che stava correndo in soccorso del padre, anche lui poi assassinato, il 13 e 14 luglio fu attaccato l’aeroporto di Biscari-Santo Pietro, difeso da forze italiane e tedesche. Dopo durissimi combattimenti, che durarono tutti il giorno, nel pomeriggio gli assediati si arresero. E qui vi furono due stragi: la prima ordinata dal capitano John Compton, alle cui forze si arresero gli occupanti di una casamatta che uscirono con le mani alzate e sventolando fazzoletti bianchi. Long era tra questi.  Il capitano Compton fece allineare i prigionieri e fece requisire scarpe, vestiti e oggetti di valore, e poi li fece assassinare a freddo. Solo in due si salvarono, perché dopo i primi colpi riuscirono a fuggire nelle campagne. Il mattino dopo il cappellano militare americano King trovò i 34 cadaveri allineati sulla strada e intorno centinaia di bossoli americani.

Furono parecchie le stragi Usa  di civili in Sicilia

Intanto un altro gruppo di 39 prigionieri erano stati affidato al sergente Horace West e a sette soldati Usa. Il sergente li fece fermare sopra una scarpata e poi li uccise personalmente a raffiche di mitra. Qui si salvò un solo prigioniero, l’aviere Giuseppe Giannola, che in seguito raccontò la terribile vicenda ai comandi Usa, rimanendo inascoltato. Ma per l’insistenza del cappellano King, che era tenente colonnello, la procura militare statunitense avviò gli accertamenti sulle stragi, rinviando alla fine a giudizio il capitano Compton e il sergente West. I due graduati si difesero sostenendo di aver eseguito solamente le istruzioni di Patton, generale con tre stesse e grande prestigio: Compton fu assolto ma poi morì a Montecassino, mentre West dopo una prima condanna fu liberato e rimandato al fronte. Poi di lui si persero le tracce: sembra che sopravvisse alla guerra morendo poi in tarda età. Dopo il 14 luglio le stragi per mano Usa continuarono, e furono principalmente stragi di civili: a Comiso, a Piano Stella, a Canicattì, a Butera e in altri paesi in provincia di Palermo, ma mai nessun procedimento giudiziario di aperto. Tutti questi crimini dopo la guerra in Italia furono ignorati per motivi di opportunità politica, ma è bene ricordarli ogniqualvolta si parla in Italia dei crimini dei tedeschi  e dei combattenti della Repubblica Sociale.

Oggi Luz Long riposa al cimitero di Motta Sant’Anastasia, nel Catanese, e solo nel 2012 è stata apposta una lapide che ricorda il sacrificio dei soldati italiani e dei tedeschi in quei luoghi.

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