Scandalo toghe, ora Palamara accusa Pignatone: «Mi disse lui che ero indagato»
Sempre peggio. Dopo settimane di intercettazioni, veleni e segreti che hanno scatenato il caos delle e nelle procure, il flusso di rivelazioni non cessa di sconquassare la Magistratura. Nell’interrogatorio reso il 30 maggio scorso ai pm di Perugia che lo indagano per corruzione, per i viaggi e i soggiorni all’estero che gli avrebbe pagato l’imprenditore Fabrizio Centofanti, il pm romano Luca Palamara ha puntato il dito contro il suo vecchio capo, l’ ex procuratore Giuseppe Pignatone. Lo rivela il Fatto Quotidiano che pubblica stralci del verbale dell`interrogatorio. Palamara ha raccontato che nel novembre del 2017 Pignatone gli comunicò «in via riservata e amichevole che era stata trovata la ricevuta di un soggiorno in compagnia di Adele Attisani (una sua amica, ndr)»: l’aveva acquisita la Guardia di finanza in altre indagini in corso a Roma su Centofanti. E ha detto che non era solo lui ad avere rapporti con l’imprenditore che gli aveva presentato sua sorella: «La frequentazione riguardava anche il presidente della Corte dei Conti Raffaele Scutieri, persona stimata, con Pignatone e sua moglie, con ufficiali della Guardia di Finanza e dei carabinieri, giudici ordinari».
Altre conversazioni, altre rivelazioni
A maggio del 2018 ci fu un secondo colloquio con l’allora procuratore: «io seppi da Pignatone che un fascicolo era stato inoltrato a Perugia , che si trattava di pagamenti effettuati da Centofanti inerenti alcuni soggiorni. Aggiunse che non essendoci alcuna controprestazione, io dovevo stare tranquillo». Lo stesso quotidiano pubblica anche un’intercettazione di una conversazione tra Palamara e Cesare Sirignano, sostituto procuratore nazionale antimafia del 26 maggio scorso: il procuratore della Dna Cafiero De Raho, dice Palamara, «non deve fare il gruppo (…) con Nino Di Matteo». La sua pare una premonizione, scrive il Fatto, ricordando che appena venti giorni dopo il pm del processo sulla trattativa tra Stato e mafia sarà rimosso dal pool che deve coordinare da Roma le indagini sulle «entità esterne nelle stragi e negli altri delitti di mafia», anche se si tratta di una decisione che non ha «nessun nesso con le considerazioni espresse da Palamara».
Il migliore ha la rogna, per carità!