Calcio, Gabriele D’Annunzio ideò anche lo scudetto: su, fate polemica pure su questo!
Anche lo scudetto si deve a Gabriele D’Annunzio. Il simbolo del trionfo calcistico, quel riconoscimento che Eupalla, dio del pallone sgorgato dal pennino di Gianni Brera, cuce ogni anno sul petto dei nostri eroi della pedata, ha nel Vate il suo più che illustre ideatore. Ed è persino ovvio che ci sarà qualche imbecille pronto a fare polemica e gridare allo scandalo. Il centenario dell’impresa di Fiume, della Carta del Carnaro, di quel mix indistinto di libertà, strafottenze, indulgenze e intelligenze che portò qualche migliaio di giovanissimi a rispondere all’appello del Poeta-soldato e, quindi, a condividere tutti insieme l’antico ratafià che divenne “il liquore cupo che alla mensa di Fiume chiamavo “Sangue Morlacco”, ha quest’altra chicca da celebrare. E non di poco conto. Da onorare, infatti, c’è il simbolo dello sport italiano più amato. Perché è vero che anche D’Annunzio amava il calcio. Gioco che praticò sin da giovane e per tanto tempo. Almeno fino a quando in un contrasto non finì per rimetterci un dente. E, insomma, a Fiume, durante l’occupazione della terra irredenta che sarebbe infine sfociata nel fratricida Natale di sangue del 1920, l’instancabile poeta organizzò anche una partita tra militari italiani e civili. Proprio in quell’occasione, gli venne in mente di far cucire sulle maglie azzurre indossate dai militari non lo scudo sabaudo, ma quello scudetto tricolore. Non è chiaro come sia terminato quell’incontro. Ma è sicuro che le foto delle squadre in campo fecero il giro. Cosicché, pochi anni dopo, qualcuno degli organizzatori del campionato di calcio ebbe a ricordarsene e la decisione fu presa: la squadra che avesse vinto il campionato si sarebbe fregiata per l’anno successivo dello scudetto cucito sulla maglia. Lo scudetto di Gabriele D’Annunzio.
Gabriele D`Annunzio oltre che poeta era un grande Italiano, ora aspettiamo la cagnara che faranno i partigiani (ma quali?) e le zecche rosse