Dai Beatles agli Wham! e Thegiornalisti: tutti i motivi che fanno sciogliere le band
Le band si sciolgono, cantava Luca Carboni nel 2006. E di scioglimenti, in effetti, è punteggiata la storia della musica. Quello dei Thegiornalisti annunciato da Tommaso Paradiso, ha sancito una separazione da Marco “Rissa” Musella e da Marco Primavera (non consensuale a giudicare dalle dichiarazioni di “Rissa” sui social) che era nell’aria da tempo, per le legittime aspirazioni a una carriera solista del frontman del gruppo romano nato nel 2009.
E se per Carboni, le band si sciolgono «senza un perché», in realtà proprio le carriere soliste e la prospettiva di aumentare visibilità e guadagni, sono il motivo più comune delle separazioni delle band. Più raramente problemi comportamentali legati ad abusi di vario genere, legami familiari ingombranti (vedi ifratelli Gallagher per il destino degli Oasis o Yoko Ono per quello dei Beatles) o semplice esaurimento della vena artistica quando non la scomparsa di una o più colonne portanti del gruppo (Kurt Cobain per i Nirvana e Chester Bennington per i Linkin Park).
È stato così per George Michael con gli Wham!, Robbie Williams con i Take That, per Geri Halliwell con le Spice Girl, per Max Pezzali con gli 883, per J-Ax con gli Articolo 31, per Francesco Renga con i Timoria per citare alcuni nomi. Ma la lista potrebbe essere lunghissima.
Solo raramente allo scioglimento è seguita una reunion. E quando è accaduto, quasi sempre, a muovere i musicisti verso un ripensamento, non sono stati tanto i sentimenti di nostalgia o il feeling ritrovato, quanto allettanti proposte economiche per un tour del “ritorno”.