De Magistris, Ingroia, Di Pietro: tre pm, tre inchieste, tre carriere politiche
Il pallone si è sgonfiato. E ha ragione Clemente Mastella a dire che ora «il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, non si può candidare più a nulla». Del resto, tutta la vicenda politica dell‘ex-pm è stata una gran bolla mediatica. La più riuscita, si può dire, dell’accoppiata Santoro-Travaglio, generosissima come non mai nel mettergli a disposizione il proprio salotto televisivo e da lì presentarlo al grosso pubblico come la vittima di poteri senza volto e senza scrupoli. Poteri che il pm stava per inchiodare al suo succulento teorema a base di intrecci affaristico-politico-massonici prima che un complotto di magistrati deviati gli strappasse l’inchiesta e lo deferisse per abuso al Csm. Peccato per lui che fosse solo una telenovela demolita ieri dalla Cassazione, che ha certificato l’assoluta correttezza dei superiori di De Magistris. Ma la sentenza nulla ripara sul piano politico. Della bolla mediatica apparecchiata dal già citato duo resta tuttora la reliquia di un sindaco amministrativamente nullo, ma politicamente attivo e talmente smanioso di carriera da non precludersi alcun traguardo, Palazzo Chigi, compreso. Non perché ne sia davvero convinto, ma solo perché chi entra in politica, non ne vuole più uscire. E De Magistris non fa certo eccezione. Come il suo collega e compagno d’avventura Antonio Ingroia, un altro arrivato sull’onda di inchieste controverse a varcare il confine della politica e sempre dopo il passaggio in tv con Santoro e Travaglio a far da spalla. Stessa scuderia, stesso traguardo: non per caso li ritroviamo in Rivoluzione civile, con il magistrato palermitano addirittura candidato a premier. A completare il quadro aderì anche Di Pietro, il precursore del magistrato che trasfigura in politico. Tre pm, tre inchieste (Why Not, Trattativa, Mani Pulite), seguite da tre carriere politiche più o meno brillanti. Il guardasigilli Bonafede vuol riformare la giustizia? Bene, cominci da qui e sara a metà dell’opera.