
Nel caos della politica italiana si delinea il ruolo della censura (e della Germania)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Prima della caduta del Muro di Berlino, si sapeva che gli schieramenti – almeno in apparenza – erano due. La cortina di ferro separava oltre alle ideologie, anche il modo di vivere. La filmografia americana esaltava il proprio modello, liberale, e demonizzava quello sovietico, comunista. In molti sono cresciuti con questo pensiero. L’Italia, nel centro del Mediterraneo, luogo strategico per tutti, anche per gli allora dormienti (seppur agitati) Paesi mediorientali, è sempre stata oggetto delle “attenzioni particolari” delle grandi potenze. Alcuni storici (non quelli dei testi scolastici) ci hanno insegnato come il partito comunista sovietico (quello del secolo scorso) abbia scelto, formato e collocato nelle posizioni apicali del nostro Paese, i propri allievi, mentre dall’altra parte, forse analogamente, gli Stati Uniti hanno offerto il loro sostegno. E, così, dal dopoguerra in avanti ci sono state le note alternanze. La televisione ha aperto le tribune politiche al popolo, che dunque ha potuto ascoltare la viva voce di quei politici; tutti giganti al confronto di quelli di oggi, comunque la si pensi. Venuto meno quel confine si è creata una inattesa confusione; l’Europa – allora presente solo sulle carte geografiche – si è allargata verso est e la Germania riunita, in silenzio, ha ripreso l’egemonia.
Una ricostruzione sintetica e, consapevolmente, assai semplicistica di quanto accaduto nel secolo scorso, dove l’italiano medio (deriso all’estero, allora, come ora) aveva un ideale, un credo politico e talvolta un partito di riferimento. Oggi, purtroppo, non è più così. L’Europa appare più come un conglomerato di Stati, che hanno in comune solo i confini di terra, perché quelli del mare sono affare di chi li ha (o meglio di chi sa difenderli); una matrigna autorevole che ha figli e figliastri, ai quali impartisce ordini e punizioni spesso incongrui. Il cittadino italiano di fronte a tali fenomeni di globalizzazione, di informatizzazione e di comunicazione (sempre più spesso distorta) rimane disorientato. Se vota a destra (includendosi nell’odierna nomenclatura anche la Lega di Salvini) viene immediatamente apostrofato come fascista – talvolta anche oscurato dai social, magari senza motivo – se, invece, vota a sinistra rimane interdetto, da alcune strane e apparentemente incomprensibili operazioni scissioniste. Il centro, un tempo, occupato dalla Democrazia Cristiana e poi da Forza Italia è ora conteso da partiti in apparenza antagonisti, ma opportunisticamente coalizzati. La forza dei social network, spesso pilotati da una mano invisibile, è tale da farci rivedere godibilissimi filmati nei quali le dichiarazioni di alcuni politici di spicco vengono dagli stessi contraddette, con ragionamenti antitietici ai primi, ma ci consegnano anche argomenti fasulli, come se fossero veri. La creazione di Italia Viva, in contrapposizione al Partito Democratico, all’indomani della crisi di governo, non è casuale, come non lo è neppure la “reunion” di Liberi e Uguali (o di alcuni suoi esponenti) al Partito Democratico; non è neppure stigmatizzata la sottoscrizione della tessera elettorale al Partito Democratico da esponenti di spicco della ridimensionata Forza Italia. Il Movimento delle stelle, poi, accantonata l’esperienza con la Lega, ha rinnegato le più decisive iniziative, assecondando le esigenze dell’attuale alleato. Sono riflessioni affrontate con leggerezza e sussurrate a pochi, perché incombe la censura.