Paragone, lo strappo finale: «Non darò la mia fiducia al governo». E infierisce subito su Gualtieri
Paragone insiste sulla linea della dissidenza: «Io la fiducia a questo governo non la darò». Anche se poi, a stretto giro con toni più concilianti aggiunge: ««È chiaro che, come ho già detto, rispetto il giudizio di chi ha votato sulla piattaforma Rousseau. Quello è il mio popolo e io sono un vero populista. Sarò il meno duro possibile ma non posso votare la fiducia. Il mio sì non c’è, vedrò come fare per essere coerente con quello che penso e con quello che la base del M5S ha deciso».
Paragone, «Io la fiducia a questo governo non la darò»
Nessuna sostanziale retromarcia, da parte di Gianluigi Paragone, senatore del Movimento 5 Stelle, che in un’intervista all’Adnkronos chiarisce la sua posizione nei confronti del nuovo esecutivo giallorosso, che oggi ha giurato al Quirinale di fronte al Capo dello Stato Sergio Mattarella. «Resto della mia idea, il mio sarà un no politico», rimarca l’ex conduttore televisivo. Un no alla scelta dell’inciucio, annunciata dalla prima ora, e tanti storcimenti di naso rispetto alla lista dei ministri stilata per il Conte bis. A proposito dei quali, senza alcuna perifrasi democratica, il senatore pentastellato dichiara e conferma: «Il ministro che mi piace di meno di questo governo? Sicuramente Roberto Gualtieri, che è uno dei custodi della liturgia europeista. E siccome io non sono uno stretto osservante di questa liturgia, dirò no alla fiducia al governo». Non solo: commentando il video in cui il neo-ministro dell’Economia in quota dem suona “Bella ciao” con la chitarra, Paragone si lascia andare a una battuta: «Il Bella ciao che più mi piace è quello cantato dalla banda della serie tv La casa di carta: quello è un canto ribelle, che è contro il Bella Ciao retorico e falso di Gualtieri».
«Grillo ha una visione, ma io ho una grande paura»
Non solo: sempre più convinto delle sue tesi anti-sistema, nell’intervista all’Adnkronos Paragone prova a salvare il salvabile, sostenendo che sì, «Beppe Grillo si è speso per l’accordo col Pd», ma che «se lui ha una visione, io ho una grande paura». Un apaura che lui stesso ricorda di aver «raccontato per anni in tv e nei miei libri: temo che gli spazi di manovra per i governi si ridurranno sempre di più rispetto all’economia. E il Pd rappresenta la porta d’accesso del neoliberismo in Italia». E allora, per esempio, sul dossier banche, Paragone non vede margini di dialogo con i dem: «È difficile che io possa pretendere chiarezza sulle banche da chi sta nei gangli e nei salotti finanziari…». Del resto, anche su altri fronti, a parte il plauso per Fraccaro e Patuanelli, già alla neo-ministra del Lavoro lancia un primo monito: «gli auguro di smontare il jobs act e tutto lo schifo fatto dal Pd contro i lavoratori». La strada che intravede Paragone, insomma, è tutta in salita e disseminata di insidie…