13 anni, rom, capo di una baby gang. Non può essere imputato: è troppo giovane
Nei mesi di giugno e luglio avevano di fatto terrorizzato l’intero quartiere Appio Claudio, a Roma, prendendo di mira coetanei e minorenni. Le vittime della baby gang erano costrette a cedere biciclette o contante, sotto la minaccia di essere picchiate. La polizia ha ora identificato i componenti del gruppo. Su di loro gravano le accuse di rapina aggravata e tentata estorsione. Il capo, un 13enne di etnia rom, però, non può essere imputato: è troppo giovane.
Le intimidazioni della baby gang
A sgominare la banda sono stati gli agenti del commissariato di Polizia Tuscolano. Le indagini non sono state semplicissime: nonostante le numerose segnalazioni, solamente due delle giovani vittime hanno avuto il coraggio di denunciare quanto accaduto. «Con il potere intimidatorio tipico del gruppo, la baby gang induceva le vittime a non raccontare nulla ai genitori e alle forze dell’ordine, creando un muro di omertà difficile da scalfire», hanno spiegato gli investigatori.
Il capo 13enne non è imputabile
Determinanti, quindi, gli elementi forniti dai due ragazzi che hanno avuto la forza di rompere questo «muro di omertà» e rivolgersi alle forze dell’ordine. Le loro testimonianze hanno fornito elementi utili all’identificazione dei componenti della baby-gang e, quindi, alla fine delle sue vessazioni sui coetanei. Si tratta di «un ragazzo appena diciottenne, di un 16enne e di un giovane di etnia rom di soli 13 anni, considerato, a tutti gli effetti, per la sua determinazione il “capo” del gruppo», hanno chiarito ancora gli agenti. Al maggiorenne è stato notificato un ordine di custodia cautelare in carcere. Per il minorenne la procura della Repubblica di Roma presso il Tribunale per i minorenni ha disposto l’obbligo della permanenza in casa. Il ”capo” della baby-gang, invece, in quanto minore di anni 14 all’epoca dei fatti e pertanto non imputabile, è stato solo segnalato all’autorità giudiziaria competente.