Bagnai stronca la “sugar tax”: «Così la sinistra penalizza le aziende italiane per favorire quelle straniere»
Non basta un anglicismo a rendere digeribile un balzello indigesto come la sugar tax. Era e resta una tassa da Stato etico. Introducendola, il governo non restringerà il nostro girovita, ma alleggerirà semplicemente la nostra tasca costringendoci a fare – ora sì! -un altro buco nella cintura. «Imposta odiosa per la sua ipocrisia», la bolla infatti impietosamente il leghista Alberto Bagnai. Il senatore, si sa, è un’economista di vaglia e nella sua critica alla sugar tax non si limita all’effetto che essa produrrà sulle nostre piccole economia domestiche, ma ne simula l’effetto su scala più vasta proiettandolo sulla dimensione industriale.
La sugar tax danneggia marchi storici del «made in Italy»
A risentirne, secondo il presidente della commissione Finanze e Tesoro del Senato, è complessivamente «lo stile di vita italiano», fatto anche di marchi internazionalmente riconosciuti. Bagnai pensa a bevande «come l’Aperol, il Campari, il Martini», i più richiesti tra i «tanti amari, i tanti analcolici» made in Italy. Insomma, se tanto ci dà tanto, la sugar tax più che aiutare il governo a raschiare il fondo del barile, rischia di creare un danno alle aziende italiane e a indebolirle nella feroce competizione globale. Sul punto Bagnai è fin troppo esplicito: «Col pretesto di tutelare la salute, si fornisce uno sleale svantaggio ai produttori esteri di superalcolici di importazione, whisky, gin, vodka».
Il leghista: «Stessa musica anche sulla plastica»
Tanto più, puntualizza Bagnai, che sono proprio i superalcolici di tale calibro e non le bollicine tassate «la principale minaccia per la salute dei nostri giovani». Già, è lì che si annida la cultura dello sballo che miete vittime tra i ragazzi. Morale: se non sapessimo che la sugar tax è una misura frutto di disperazione, spiega Bagnai, «esse andrebbero lette come collaborazione con lobby estere». La stessa cosa, sottolinea ancora il senatore, «accade per la crociata contro la plastica, tutta a vantaggio dei produttori nordici di imballaggi “sostenibili”». Insomma, gratta la sinistra italiana e vien fuori l’interesse straniero. In realtà, su salute e ambiente si dovrebbe investire più che tassare. «Ma questo – è ‘amara conclusione di Bagnai – non possiamo chiedere di capirlo a un opaco e oscuro comitato di liquidatori, di cui i cittadini italiani si sbarazzeranno presto».