La base del Pd boccia l’accordo con i 5Stelle: Su Twitter rivolta anti-Zingaretti
Non ci sono solo i candidati alle prossime regionali a complicare i rapporti tra Pd e M5S. In Umbria, infatti, corrono insieme seppur sotto forma di alleanza civica stratta intorno ad un rappresentante della società civile. Un escamotage che Zingaretti da un lato e Di Maio dall’altro tenteranno di esportare anche oltre. Almeno fin dove è possibile. Non in Campania, ad esempio, la regione del capo politico Cinquestelle nonché del presidente della Camera Roberto Fico. Qui la pregiudiziale grillina nei confronti di De Luca è insuperabile e non ammette subordinate. L’attuale governatore, affermano in coro i pentastellati, deve uscire di scena. Più o meno lo stesso spartito della Calabria , sebbene qui di Di Maio non disperi di convincere i suoi a convergere sull’uscente Oliverio.
È Virginia Raggi il vero nodo tra Di Maio e Zingaretti
Regioni a parte, la salita più ardua sulla strada dell’intesa tra M5S e Pd si chiama Virginia Raggi. La sindaca di Roma è ormai assurta a simbolo del fallimento amministrativo dei Cinquestelle. Lo stesso Di Maio nutre più d’un dubbio sulla sua ricandidatura. Ma il Campidoglio ha un suo peso specifico nel risiko delle poltrone e anche la più indifendibile delle posizioni può essere ceduta prima di trattare. Infine, restano le rispettive tifoserie. Zingaretti ci ha provato a far digerire alla base un’unione Pd-M5S per arrivare almeno al 40 per cento delle preferenze nella prossima tornata elettorale. Ma la reazione in rete è stata clamorosa: per molti sarebbe «semplicemente un suicidio politico», «la morte del partito», «un errore madornale». Quasi una rivolta i militanti che da giorni scaricano via Twitter la loro delusione l’idea del leader: troppo da tollerare e digerire, soprattutto per chi già aveva visto con sospetto e vissuto come “un tradimento” la nascita del governo giallorosso.
In rete tutti contro l’accordo: «Restituiamo la tessera del Pd»
Il “no” è netto: «I 5Stelle hanno votato i decreti sicurezza senza battere ciglio, ma ehi, loro so’ di sinistra. Ma mi faccia il piacere», «io sono senza parole. Ma davvero non hanno capito con chi sono al governo? Sul serio?», «ripigliatevi, ve ne prego», «più leggo queste parole più sono certa di aver fatto la scelta giusta a non rinnovare la tessera», «non bastava governarci insieme, ora anche l’alleanza che solo Zingaretti vuole. Basta così, addio», fino al classico «mi viene da vomitare» che di solito prelude a grossi guai elettorali. Insomma, sembra proprio che la paura di far tornare Salvini non abbia ancora contagiato la base del Pd.
Cari compagni che vi lamentate, la frittata è fatta, a questo punto della commedia a che serve restituire la tessera? Il tempo dei gesti eclatanti è ormai finito. Storicamente dalla prematura dipartita di Enrico Berlinguer, 45 anni fa. Poi è stato solo vuoto, un succedersi di figure più o meno inconcludenti, che ammucchiandosi e aggrappandosi al vecchio non hanno saputo gestire il futuro: sociale, tecnologico e ideologico. Oggi vi ritrovate al punto di partenza: un esasperato impulso di contarvi e ammucchiarvi, con una differenza sostanziale , che più che al vecchio PCI assomigliate a quelle bande del farwest americano, che nonostante l’arrivo della ferrovia e dell’automobile cercavano di sfuggire allo sceriffo muovendosi ancora a cavallo.