Lettera ad una dodicenne: «Ti spiego che cosa è stato veramente il fascismo»
Al contrario, nelle lettere che ti ha indirizzato Daniele Aristarco leggo una serie di banalizzazioni che ti segnalo e che ti suggerisco di approfondire. Il rischio che il fascismo possa tornare di moda (sarebbe ridicolo nella sostanza e nelle forme espressive). La visione di un fascismo “eterno” (laddove le cause della sua nascita e crescita furono espressioni di un processo culturale e politico segnato dalla crisi delle vecchie appartenenze ideologiche e dalla fase postbellica). Lo slogan come mentalità fascista (come se di slogan non fosse segnata tutta la cultura del mondo, da quella pubblicitaria alla catechesi religiosa, a tutta la comunicazione politica, di ieri e di oggi).
La Resistenza
La visione della Resistenza come semplice “guerra di liberazione” (dove invece fu purtroppo e con gravi strascichi anche guerra di classe). L’idea, un po’ razzista, che la scelta giusta sia stata solo quella di una parte e che sul fronte opposto, quello fascista, non ci fossero ragioni nobili ancorché criticabili. È necessario ”comprendere le motivazioni dei vinti, perché è un pezzo di storia d’Italia che può non farci piacere ma che bisogna capire e non rimuovere come se fosse una cosa sgradevole” – ebbe a dire, alcuni anni fa, Luciano Violante, allora presidente – di sinistra – della Camera.
Le domande sul fascismo
Ti lascio con una domanda: ha ancora un senso, nel 2019, a quasi settantacinque anni dalla sua fine, “combattere” contro il fascismo? Non sarebbe più importante guardare alle sfide dell’oggi e del futuro, evitando di costruire divisioni labili ed infondate tra gli italiani? La sfida che tu, la tua generazione, deve sapere lanciare è verso il futuro, consapevoli tutti, certamente, della Storia che ha segnato il nostro Paese. Nel bene e nel male. Con luci ed ombre, come tutte le Storie grandi e piccole con cui vale la pena confrontasi. Ma Sine ira et studio (Senza ira né pregiudizi) – come ci invitano ancora a fare i maestri della classicità. Senza raccontare favole soprattutto. A dodici anni credo che tu sia già abbastanza “scafata” da non credere a chi le racconta.