Alzheimer, una molecola blocca la malattia. Ecco come ringiovanisce il cervello

25 Nov 2019 19:12 - di Mia Fenice

Scoperta la molecola che ringiovanisce il cervello, favorendo la nascita di nuovi neuroni e contrastando i difetti che accompagnano le fasi precoci della malattia di Alzheimer, tra cui l’amiloide. Una strategia che apre nuove possibilità per la diagnosi e per la cura. Lo studio interamente italiano è stato coordinato da Antonino Cattaneo, Giovanni Meli e Raffaella Scardigli, della Fondazione Ebri Rita Levi-Montalcini. In collaborazione con il Cnr, la Scuola normale superiore e il dipartimento di Biologia dell’università di Roma Tre.  Lo studio è stato pubblicato su Cell Death and Differentiation. I ricercatori dell’Ebri hanno scoperto che la nascita di nuovi neuroni nel cervello adulto si riduce in una fase molto precoce della malattia di Alzheimer.

Alzheimer, lo studio

Tale alterazione è causata dall’accumulo, nelle cellule staminali del cervello, di aggregati altamente tossici della proteina beta Amiloide. Chiamati A-beta oligomeri. Il team è riuscito a neutralizzare gli A-beta oligomeri nel cervello di un topo malato di Alzheimer. Introducendo l’anticorpo A13 all’interno delle cellule staminali del cervello. Riattivando la nascita di nuovi neuroni e ringiovanendo così il cervello. I ricercatori hanno dimostrato come la strategia permetta di ristabilire la corretta neurogenesi nel modello di topo studiato. Recuperando per l’80% i difetti causati dalla patologia di Alzheimer nella fase iniziale.

I mattoncini tossici

«L’importanza di questa ricerca è duplice. Da un lato – spiegano Raffaella Scardigli e Giovanni Meli – dimostriamo che la diminuzione di neurogenesi anticipa i segni patologici tipici dell’Alzheimer. E potrebbe quindi contribuire a individuare tempestivamente l’insorgenza della malattia in una fase molto precoce. Dall’altro, abbiamo anche osservato in vivo, nel cervello del topo, l’efficacia del nostro anticorpo. Nel neutralizzare gli A-beta oligomeri proprio all’interno dei neuroni». Per la prima volta, infatti, sono stati intercettati e neutralizzati sul nascere i singoli “mattoncini tossici”. Che poi formeranno le placche extracellulari di A-beta. L’attuale bersaglio terapeutico della malattia di Alzheimer. Prima che questi provochino un danno neuronale irreversibile.

La terapia

Questa ricerca pone dunque le basi per lo sviluppo di nuove strategie utili per la diagnosi e la terapia di questa malattia neurodegenerativa. «Riuscire a monitorare la neurogenesi nella popolazione adulta offrirà in futuro un potenziale strumento diagnostico. Per segnalare l’insorgenza dell’Alzheimer in uno stadio ancora molto precoce. Cioè quando la malattia è clinicamente pre-sintomatica. Inoltre – conclude Cattaneo – l’utilizzo terapeutico dell’anticorpo A13 permetterà di neutralizzare gli A-beta oligomeri dentro i neuroni. Laddove si formano per la prima volta, colpendo così l’evento più precoce possibile nell’evoluzione della patologia».

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