M5S sempre più vicino alla resa. Toninelli e la Lezzi tentano di rianimarlo: «Basta piegare la testa»
Nel clima rovente dei Cinquestelle entra Danilo Toninelli, uno dei pentastellati più contestati. Anche lui veste i panni del ribelli (o semiribelle). Le elezioni sono un incubo. Ma con quelle dell’Emilia Romagna e della Calabria l’incubo raddoppia.
«Siccome noi siamo il M5S, a me pare tanto che non candidarsi sia l’esatto opposto di quel “non mollare mai” che da sempre ci ispira». Per Toninelli è «una scelta che sembra voler servire solo a non incolpare qualcuno in particolare, Luigi in primis, per l’ennesima sconfitta. Ma nessuno si deve sentire l’unico o il principale colpevole. Per il semplice fatto che nel M5S all’io egocentrico si contrappone il noi condiviso. Quindi tutti responsabili, ma mai rinunciatari».
«Quali sarebbero le ragioni di questo ritiro dal campo, senza neppure giocare la partita?», si chiede l’ex ministro. «Non candidarsi significherebbe lasciare un vuoto di speranza. E sarebbe piegarsi a quella narrazione di Sistema già pronta a titolare “ennesima sconfitta”. Ma che tale comunque non sarebbe». «Quindi», insiste Toninelli, «avanti a testa alta e con forza. Si spera senza altri “esperimenti”. Perché il consenso consapevole, che èl’unico che conta, si conquista con i fatti, non con le parole filtrate dal sistema per elevare le falsità a verità assolute».