Bonafede scardina il processo e il sistema giustizia con la riforma della prescrizione
Sulle norme volute da Bonafede in materia di processo riceviamo dall’avv. Andrea Migliavacca e volentieri pubblichiamo
È fin troppo facile descrivere la differenza tra “dolo” e “colpa”, per chi abbia compiuto studi giuridici. Il dolo, grossolanamente, presuppone la coscienza e la volontà dell’agire.
La distinzione che vale nel diritto civile, appare anche più semplicemente delineata, con qualche sfumatura di non poco momento, nel diritto penale. L’elemento soggettivo è l’ago della bilancia, che oscilla tra l’uno (il dolo) e l’altro (la colpa). Ma talvolta si posiziona sull’intermedia “preterintenzione”: un evento diverso (più grave) di quello voluto.
Reati colposi e dolosi nel processo
In ambito penale, l’indulgenza dell’ordinamento nei confronti degli eventi non voluti, nell’agire umano, che hanno, comunque, conseguenze illecite, talvolta terribili, si traduce in una sanzione più lieve (ovviamente rispetto a quelli voluti).
Il reato (con ciò intendendosi quel comportamento illecito,che comporta una sanzione) rimane tale, che sia doloso (quindi voluto) o che sia colposo.
Questa distinzione è stata adoperata – impropriamente, tanto da scatenare la reazione dall’avvocatura, che ne ha chiesto le dimissioni – dal Ministro della Giustizia Bonafede, nella recente occasione pubblica, per accostarla all’imminente entrata in vigore della legge sull’interruzione della prescrizione.
Un principio cardine
Sino ad ora, infatti, una norma sostanziale, da considerarsi principio cardine del nostro sistema, ci ha insegnato che col trascorrere del tempo, la pretesa punitiva si affievolisce sino a scomparire. La prescrizione estingue il reato, se l’Autorità Giudiziaria non riesce, in un determinato lasso di tempo (comunque lungo), a compiere l’iter processuale, con una sentenza definitiva. Giova precisare che i reati per i quali è previsto l’ergastolo non sono soggetti a prescrizione. Al Giudice – allo stato attuale, quindi a prescindere dalla contestata legge – è consentito di dichiarare l’interruzione della prescrizione.
Nell’intento dell’odierno legislatore, la prescrizione, ovvero, la sua interruzione, si applica ai reati dolosi ed a quelli colposi, sempre, a prescindere dalla predetta lacunosa distinzione.
Sembrava che la Corte Costituzionale – la massima espressione del potere giurisdizionale, perché deputata a stabilire se una norma rispetti (o meno) la costituzione e quindi sia (o meno) legittima – avesse definitivamente risolto la questione sulla prescrizione, facendo valere il primato nazionale su quello comunitario, con la nota sentenza del 2018. Il celeberrimo caso Taricco (dal nome dell’imputato), portato dinnanzi la Corte di Giustizia, per un’ipotesi di frode IVA, aveva visto il primato delle norme nazionali (sostanziali), relative alla prescrizione, su quelle comunitarie. I controlimiti posti dalla nostra Costituzione sembrava che avessero retto dinnanzi all’interpretazione europea.
Il braccio di ferro di Bonafede
Questo braccio di ferro, però, pare non essersi concluso e gli ammonimenti della Corte Costituzionale, sono stati immantinente tradotti nell’odierna (contestata) legge sull’interruzione della prescrizione.
Magistrati, avvocati e cittadini, siano essi vittime o colpevoli, dovranno dimenticarsi la regola della prescrizione. Come tante altre che per decenni hanno contraddistinto il nostro sistema giurisdizionale, anche civile.
L’estenuante durata di un processo penale è talvolta insopportabile anche per la vittima, che il legislatore, con questa ed altre norme “deflattive”, ha ignorato, negandogli tutela.