Cronista del Secolo nel mirino. Ma che cosa si sono messi in testa i magistrati di Bologna?

4 Dic 2019 6:00 - di Francesco Storace

Una telefonata del 18 ottobre, durata probabilmente un minuto. Avvalorata, quanto alla bontà del comportamento del nostro cronista, persino da due messaggi successivi su whatsapp. Il primo, del giornalista, che comunque ci tiene a salutare rispettosamente il magistrato. E il giudice, col secondo messaggio che lo ringrazia. Avrebbe potuto non farlo se si fosse sentito minacciato.

Abbiamo chiesto a Leoni se gli ha riferito che era del Secolo. “No, gli ho semplicemente detto che sono un giornalista di Roma”. Fa sempre così, il presidente della Corte d’Assise? Con tutti i giornalisti che lo chiamano con correttezza e rispetto? Oppure. l’azione è stata decisa solo quando si è “scoperto” che Leoni lavora con noi?

Una ventina di giorni dopo, si presentano i carabinieri a casa del nostro collega e gli sequestrano il cellulare per minacce e violazione di sistema informatico. Minacce inesistenti. Nessuna violazione, perché per un giornalista cercare e trovare un numero di telefono di un magistrato non è roba che si reperisce frugando in chissà quale archivio dei servizi segreti. Basta chiamare un collega di Bologna…

Quel telefonino sequestrato, dissequestrato e risequestrato…

Tanto è vero che il tribunale del riesame di Ancona dissequestra il telefonino di Silvio Leoni. La pm si arrabbia e lo sequestra di nuovo, questa volta – anche con qualche traccia di confusione a verbale – incrimina il giornalista del Secolo d’Italia per violenza o minaccia ad un corpo giudiziario.

Crediamo che si sia superato ogni limite e ora siamo noi a pretendere spiegazioni. State forse insinuando che Leoni – quello nostro e non quello vostro – volesse influenzare il processo con una domanda? E siccome da nessuna delle carte esiste una sola traccia che possa minimamente avvalorare quello che pare un vero e proprio processo alle intenzioni, si tira fuori persino lo specchietto retrovisore dell’auto del presidente Leoni frantumato nella sua città, Forlì. Sarà stato il nostro pericoloso cronista, magari in un viaggio alla volta di Predappio? Poi, si parla di una strana telefonata anonima in dialetto siciliano allo stesso magistrato. Pure quella parto redazionale?

Tutte queste illazioni lasciano invece pensare noi. Perché ci sono troppi non detto in questa mirabolante inchiesta. Sembra un romanzo di quelli in cui qualcuno decida illegalmente di pedinare, seguire, intercettare chi fa il proprio lavoro da cronista sulla strage di Bologna e i suoi misteri. In quel telefono sequestrato troverete tanti messaggi, cazziatoni compresi, di una testata online che vive di clic e di whatsapp. E come vi permettete voi di origliare quel che si dicono i giornalisti del Secolo d’Italia con un loro collega? Finisca subito questa commedia.

Commenti

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  • Giuseppe Forconi 17 Dicembre 2019

    Si continua a criticare la dittatura che fu di destra, ma l’attuale dittatura che ci sta controllando quotidianamente, non credo sia di destra, vero ?? Quindi cosa stanno blaterando questi sorci rossi, si lamentano di che ? del loro stesso padrone ? Ma andate un po tutti a farvi una peretta di un buona purea di patate.

  • lamberto lari 4 Dicembre 2019

    Il vero pericolo per la democrazia non sono né i sovranisti tantomeno i populisti…..ma questi magistrati che si comportano come schegge impazzite! del resto sono i controllori e i controllati in contemporanea. Questa è l’assurdità che causa non solo questo tipo di aberrazioni ma anche la deriva verso la dittatura.

  • Luigi 4 Dicembre 2019

    Non vorrei sbagliare ma recentemente, nella strage di Bologna, dopo oltre 20 anni, è stato scoperto “cadavere” in più, ossia quello di una nota terrorista rossa che, SEMBRA, avesse lei una valiggetta con l’esplosivo. Che questo abbia scompaginato i piani di qualcuno?

  • Giuseppe Tolu 4 Dicembre 2019

    Piena solidarietà al giornalista. Al magistrato di Bologna? No comment!!! Forse è meglio per lui, e soprattutto per me!

  • rino 4 Dicembre 2019

    Nella Bologna delle triglie (sardine rosse) i magistrati non possono che avere le toghe rosse e sono obbligati a perseguire il giornalista di un giornale “fascista” in quato non di sinistra.
    Se mai si avrà un governo di destra, che non sia litigioso e inconcludente come quelli di Berlusconi, dovrà urgentemente, cambiare le leggi per limitare l’ingerenza della magistratura in politica e realizzare la separazione delle carriere dei magistrati, prevista in costituzione.