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Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, durante il brindisi natalizio con i dipendenti, Ministero degli Esteri, Roma, 20 dicembre 2019. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, durante il brindisi natalizio con i dipendenti, Ministero degli Esteri, Roma, 20 dicembre 2019. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Il M5S esplode. Di Maio pensa a blindare la poltrona: “Il governo deve andare avanti”

Politica - di Viola Longo - 21 Dicembre 2019 - AGGIORNATO 21 Dicembre 2019 alle 13:01

Luigi Di Maio “blinda il governo”. Repubblica di oggi ci titola sopra, facendo dell’intervista al capo politico del M5s l’apertura del giornale. Nel lungo colloquio con il giornalista Matteo Pucciarelli, il ministro degli Esteri sostiene che “questo governo deve andare avanti, senza indugi e polemiche. Chi rema contro, rema contro il Paese”. Ma, avverte Di Maio, “serve un cambio di passo”. “Da gennaio – chiarisce – si ripartirà con una nuova agenda e un nuovo cronoprogramma per mettere in chiaro ciò che vogliamo realizzare”. Prima ancora che al governo, però, il cambio di passo servirebbe al M5S. Nel movimento, infatti, le tensioni sono sempre più alte e il rischio che l’implosione dell’esecutivo parta da lì si fa sempre più concreto.

Caos nel M5S tra “fughe e accuse”

Il livello di scontro e precarietà raggiunto nella compagine pentastellata è registrato da un altro titolo di apertura, quello del Corriere della Sera. “Caos nei 5 Stelle: fughe e accuse. Vertice da Di Maio”, si legge in prima pagina, mentre all’interno è chiarito: “Il M5S traballa. Altri pronti a votare contro la manovra”. Dopo l’addio dei senatori Ugo Grassi, Stefano Lucidi e Francesco Urraro, passati con la Lega, ora gli occhi sono puntati su Mario Giarrusso, Luigi Di Marzio e Gianni Marilotti e, alla Camera, su Nunzio Angiola e Gianluca Rospi, che sarebbero pronti a non votare la manovra e farebbero parte del gruppo di venti colleghi pronti a passare nel Misto. Poi c’è il tormentone Gianluigi Paragone, che ormai risulta quasi stantio di fronte alle nuove iniezioni di dissenso.

Di Maio ci prova coi facilitatori

Tra i diretti interessati c’è chi smentisce nettamente, a partire da Giarrusso e Giorgio Trizzino, indicato come “capo” dei deputati pronti a lasciare. Ma certo la situazione è tutt’altro che rosea. Di Maio oggi cercherà di tamponare galvanizzando i nuovi “facilitatori”, i 18 membri di quella sorta di segreteria che dovrebbe affiancare il capo politico nella gestione del movimento. Prima ancora di arrivare alla definizione di nuovi riassetti interni, anche a livello locale, si tratta di rinsaldare la leadership di Di Maio, di puntellare l’alleanza con il Pd e di far rientrare tutti i mal di pancia di merito sui provvedimenti adottati e adottandi, dal Mes alla manovra. Un’impresa, insomma. Mentre in molti sono già con la valigia in mano, pronti a traslocare verso nuovi banchi.

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di Viola Longo - 21 Dicembre 2019