Libia, siamo alle solite: l’Onu “super partes” si schiera con il governo-fantoccio di Tripoli

7 Dic 2019 14:46 - di Giovanni Trotta
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Libia, le Nazioni Unite dovrebbero essere super partes nei conflitti. Ma in ogni guerra l’Onu si è sempre schierato con uno dei contendenti. Mosso sempre da logiche che con la giustizia non avevano nulla a che fare. E anche stavolta l’Onu si conferma parte in causa. La prova è nelle dichiarazioni dell’inviato dell’Onu per la Libia. “L’offensiva del generale Khalifa Haftar contro Tripoli deve essere fermata. Le profonde divisioni del sistema internazionale hanno impedito al Consiglio di sicurezza di chiedere il cessate il fuoco nel conflitto” libico. Lo ha denunciato l’inviato dell’Onu per la Libia Ghassan Salamé intervenendo ai Med Dialogues, ricordando che il Consiglio di Sicurezza “si è riunito 15 volte sulla Libia”. E prosegue. Se non ci sarà un cessate il fuoco in Libia “l’alternativa sarà orribile. Temo un bagno di sangue e grandi movimenti migratori”. È l’allarme lanciato da Salamé in un intervento ai Med Dialogues.

Libia, l’Onu minaccia “movimenti migratori”

Anche Salvini interviene sullaquestione della Libia. “Da ministro dell’Interno noi abbiamo lavorato per un anno con la Libia e per la Libia. E in tre mesi questi hanno regalato la Libia ai francesi e ai turchi, quindi sarà un problema sia economico che di sicurezza nazionale”. Così il segretario della Lega replica ai giornalisti al gazebo del partito in largo Cairoli a Milano per la raccolta firme contro il Mes, il fondo salva-Stati.

Il governo-fantoccio di Tripoli è terrorizzato

E il governo-fantoccio di Tripoli è terrorizzato. Per un “successo” della prossima conferenza di Berlino è necessario prima raggiungere un “cessate il fuoco”. Lo ha detto il ministro degli Esteri del governo di “concordia nazionale”  libico, Mohamed Taher Syala, nel suo intervento al Forum Med. Syala si è detto “preoccupato” dalla prospettiva che la conferenza inizi con le truppe del generale Khalifa Haftar “già dentro Tripoli”. Allora “sarà una guerra casa per casa e a quel punto ci sarà un bagno di sangue”, ha denunciato. Secondo il ministro, è “urgente il cessate il fuoco e fermare la guerra”. Syala ha quindi posto l’accento sulla necessità di “risolvere le divisioni attuali nel Consiglio di Sicurezza Onu, nella Lega Araba e nell’Unione europea. Se non si risolve tutto questo sarà difficile un accordo a Berlino. Prima di dare il via al processo bisogna ricomporre queste divisioni”.

Tripoli: la città potrebbe cadere

“Vedendo l’escalation” dell’intervento russo in Libia “con droni e combattenti” il rischio che Tripoli possa cadere nelle mani del generale Haftar “c’è”. Lo ha detto Syala. “Io vivo a Tripoli e molti pensano che non ci sia possibilità che venga conquistata. Ma molti abitanti pongono la domanda: perché la comunita internazionale che ha protetto i civili nel 2011 non li protegge anche oggi?”. Sulla presenza di mercenari russi al fianco di Haftar, Syala ha quindi dichiarato di avere contatti con le controparti russe. “Ma il problema è che la Russia dichiara una cosa e poi sul campo ne fa un’altra. Certamente per la Russia la Libia ha un’importanza strategica e cerca di avere un piede nel nostro Paese. Forse ipotizzano una strategia che non può essere ancora dispiegata sul campo e finora la loro presenza è limitata a questi mercenari”.

E conclude. “Non è impossibile” che dopo un eventuale cessate il fuoco in Libia il governo di concordia nazionale possa iniziare un dialogo con Haftar. Lo ha detto il ministro degli Esteri del governo di concordia nazionale libico. “Credo che la storia ci abbia insegnato una cosa, dopo il cessate il fuoco ci deve essere un passo successivo. Chi verrà coinvolto nel nuovo negoziato dovrà essere scelto dal popolo”, ha dichiarato Syala. A proposito di un eventuale dialogo con Haftar il ministro degli Esteri ha chiarito le cose. “Non penso sia impossibile, ci possono essere negoziati diretti o indiretti, forse all’inizio sarebbe meglio indiretti, ma una soluzione si trova sempre. Prima di tutto dobbiamo cercare di mettere fine alla guerra”.


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