Ordine Nuovo, un libro di Forte ricostruisce la vera storia: è un falso l’accusa di strage
Ordine Nuovo, una storia oltre le demonizzazioni. Questo l’intento del libro del giornalista Sandro Forte, Ordine Nuovo parla, che uscirà nel 2020 per le edizioni Mursia.
Di Ordine Nuovo tanti hanno scritto, giudicando l’organizzazione responsabile della strategia della tensione. E attribuendo a ON stragi, complotti, depistaggi. Una condanna senza appello. Sandro Forte nel suo libro fa parlare i protagonisti. Il suo studio “riconduce alla sua reale dimensione quella che è stata la maggiore formazione extraparlamentare della Destra radicale nel dopoguerra. Ovvero di laboratorio di idee capace di forgiare tanti giovani che, pur facendo poi scelte di vita e di lavoro diverse, in quell’ambiente si formarono e scoprirono valori che li avrebbero accompagnati per sempre”. “Quella che ho voluto scrivere – afferma Forte – è la storia autentica di ON, basata su testimonianze, documenti, giornali, riviste, lettere, interviste. In questo libro è Ordine Nuovo a parlare, attraverso i suoi militanti e i suoi scritti”.
Ordine Nuovo nasce negli anni Cinquanta
Ordine Nuovo nasce nei primi anni Cinquanta da una corrente giovanile interna al MSI, i Figli del Sole. Fa proprio il pensiero di Evola. Si costituisce in Centro Studi, esce dal Msi, elabora tesi e progetti, pubblica riviste e giornali. Si divide fra chi rientra nel Msi e chi continua il percorso da extraparlamentare. È presente in tutte le piazze d’Italia, nelle scuole come nelle università. Lo dichiarano fuorilegge, è falcidiato da arresti e processi. Prosegue comunque la sua elaborazione, dentro e fuori del Msi. Lascia una vastissima eredità di proposte, tesi, libri, saggi, iniziative, convegni e altra pubblicistica.
In occasione del 50esimo anniversario della strage di Piazza Fontana una targa del Comune di Milano ricorda così l’attentato del 12 dicembre 1969: “Strage di Piazza Fontana: 17 vittime. Ordigno collocato dal gruppo terroristico di estrema destra Ordine Nuovo”.
Ordine Nuovo e la strage di Piazza Fontana
Scrive Forte nel suo libro: “La responsabilità attribuita a Ordine Nuovo è un falso. Per un semplice motivo: il 3 maggio 2005 la Cassazione ha chiuso definitivamente la vicenda giudiziaria confermando le assoluzioni di Zorzi, Maggi e Rognoni, riconoscendo lacune nelle indagini e individuando gli ideatori (ma non gli esecutori materiali) in Freda e Ventura, che però non possono essere condannati in quanto già assolti in via definitiva dalla sentenza del 1987.
La responsabilità ricade su Ordine Nuovo dato che, secondo gli inquirenti, sia Zorzi, Maggi e Rognoni, sia Freda e Ventura appartenevano a Ordine Nuovo. Ma ciò è falso perché nessuno dei cinque ha mai fatto parte del Movimento Politico Ordine Nuovo (i primi due erano nel Centro Studi rientrato nel Msi con Rauti), e la conferma è che nessuno dei cinque è stato mai coinvolto nei due processi che il Movimento Politico Ordine Nuovo ha subìto”.
“Peraltro – si legge ancora nel libro – in tutte le sue pubblicazioni On ha sempre combattuto lo stragismo e il terrorismo, e infatti nei due processi che lo hanno poi portato allo scioglimento per decreto ministeriale il solo episodio di violenza, documentato negli atti giudiziari, fu una sassaiola davanti al ministero della Pubblica istruzione.
D’altra parte, lo stesso giudice Salvini ammise, dinanzi alla Commissione Stragi il 20 marzo 1997: “Chi fa parte di Ordine Nuovo, anche quando rientra nel Msi, si sente sempre di appartenere a questa corrente, perché permane quella comunanza amicale, di stile e di ideologie che lo differenzia”. In sostanza On era da considerare una comunità di pensiero, nella quale si riconoscevano in tanti. E quindi perché non incolparlo di una strage? Tanto nessuno può ribattere: Pino Rauti, fondatore del Centro Studi On, è morto; Clemente Graziani, fondatore del Mpon, è morto. Restano i parenti (e questo libro) a testimoniare un’altra verità”.
Piazza Fontana, le ammissioni di Taviani
Forte ricorda anche altri due aspetti “dimenticati o trascurati da giornali e televisioni nel ricordare il 50mo anniversario della strage di piazza Fontana”. L’ex presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino, intervistato nel libro Segreto di Stato di Giovanni Fasanella e Claudio Sestieri, edito da Einaudi, ha sostenuto: “In Commissione Taviani (il capo di Gladio e ministro dell’Interno che aveva sciolto On, nda) disse che non avremmo capito niente se non fossimo partiti dal presupposto che la bomba avrebbe dovuto esplodere quando la banca era chiusa. Piazza Fontana, aggiunse, fu organizzata da ‘persone serie’, che sicuramente non volevano ‘uccidere deliberatamente sedici italiani’.
Fece poi riferimento a ‘un ipotetico colonnello dei carabinieri’, ma non volle andare oltre, affermando che solo dopo la sua morte sapremo quella parte di verità che non può raccontarci da vivo”. Ma anche dopo la sua morte nel suo libro Politica a memoria d’uomo non è emersa alcuna novità. Eppure furono allusioni gravi: Taviani definì gli attentatori “persone serie”, che non volevano uccidere, e tirò in ballo un fantomatico colonnello dei carabinieri. Evidentemente conosceva retroscena non rivelati agli inquirenti. Ma nessuno gli ha mai contestato questa sconcertante reticenza.
Piazza Fontana, l’indagine interna delle Br
Il secondo aspetto richiamato nel libro riguarda sempre la seduta della Commissione Stragi del 20 marzo 1997, in cui Enzo Fragalà (il deputato di An poi ucciso dalla mafia, nda) ricordò al giudice Salvini quanto aveva scritto Marcella Andreoli su ‘Panorama’ del 15 agosto 1996 riguardo a una indagine sulla strage, interna alla sinistra extraparlamentare, che avevano condotto le Br (indagine peraltro già citata da Renato Curcio in una famosa intervista a ‘Videomusic’ nel 1992).
Il ruolo di Valpreda
Nell’articolo, che riprendeva quella intervista, era scritto: “L’ordigno era stato posto nella banca da Pietro Valpreda con la collaborazione di tutto il gruppo anarchico della Ghisolfa. Pinelli si era effettivamente suicidato buttandosi dalla finestra della questura di Milano perché pesantemente coinvolto. Queste sono le conclusioni di una inchiesta svolta all’interno delle Brigate Rosse, che non fu resa pubblica perché ai più faceva comodo far ricadere la responsabilità sulla destra. Queste dichiarazioni rese da un brigatista rosso al giudice Mastelloni di Venezia furono trasmesse già nel 1991 ai giudici di Catanzaro, allora competenti per la strage”.