Zingaretti straparla su Bibbiano. Bonafede, esiste la querela a Di Maio?
A Zingaretti da’ fastidio se si parla di Bibbiano. E quindi preferisce straparlarne. Quando lo fa, sbraca, deraglia, sbatte.
Da ieri il segretario del Pd rischia testate sui lampioni perché sembra ubriaco. Appena ha saputo che il sindaco di Bibbiano può affrontare il processo da imputato a piede libero, ha cominciato a bere. Vodka a volontà, compagni. Come se qualche giudice avesse mandato al macero un’inchiesta contro una banda di delinquenti che sottraevano i figli alle loro famiglie. Che ha da festeggiare Zingaretti? Il sindaco Carletti non è stato prosciolto dalle accuse: aveva addosso quelle di falso e abuso d’ufficio e di quelle dovrà rispondere.
Non ce l’avrà mica con la Meloni o Laura Pausini…
Il sistema Bibbiano non si chiama Carletti, ma un’ideologia rossa che punta a sterminare l’istituto familiare. Al punto che Zingaretti commette un clamoroso autogol quando pretende di mettere all’indice chi si batte per accertare quanto accaduto. Ce l’ha con Laura Pasini, che si disse schifata per quanto appreso? Con Giorgia Meloni, che è invece fiera della denuncia che si è beccata per questa battaglia sacrosanta di verità?
Oppure con Luigi Di Maio. Il suo delizioso partner di governo fu il più duro di tutti con il Pd quando esplose lo scandalo degli affidi: mai con il partito di Bibbiano, disse il capo pentastellato beccandosi la querela di Zingaretti.
O meglio: l’annuncio della querela, perché non si sa che fine abbia fatto. Perché risulta difficile fare contemporaneamente l’indignato e poi governare assieme. Zingaretti, prima di parlare di Carletti, sarebbe molto più credibile – e gliene daremmo atto – se rendesse pubblici la querela, il testo, la ricevuta di effettiva presentazione in tribunale. Se non ricorda, Zingaretti può rivolgersi al guardasigilli Bonafede, che non mancherà di sguinzagliare i suoi ispettori a caccia della querela annunciata. Magari il ministro può anche essere sollecitato in proposito da qualche parlamentare curioso.
Zingaretti si rassegni: Bibbiano non è un’invenzione
Il segretario del Pd si deve rassegnare: la vicenda di Bibbiano è vergognosa e non la si può più nascondere con le falsità, con le accuse sulla propaganda altrui. Perché è per gli inquirenti che c’è stato un intreccio pauroso tra soggetti istituzionali e non sulla pelle delle creature rubate all’amore dei loro famigliari. E questo dovrebbe fare accapponare la pelle anche a lui. Invece preferisce – dice di preferire – le querele, magari selettive. Se stai con me tollero le tue parole. Se stai contro di me ti scateno giudici e avvocati. Anche questo attiene ad una politica sbagliata, urlata, odiosa.
Abbia coraggio, Zingaretti. Chi è che sbaglia su Bibbiano? I magistrati? I giornali? Le destre? E persino la Pausini? Vuole querelare il mondo, il segretario del Pd, ma non dice se lo ha fatto nei confronti del suo maggiore alleato. E neppure che cosa pensa sia accaduto da quelle parti.
Se pensa che a palazzo di Giustizia abbiano sbagliato, ha un solo modo per riscattare l’onore; firmi una norma sulla responsabilità civile dei giudici e la sbatta in faccia a chi accusa il suo sindaco. Ma faccia attenzione ai tempi, proprio perché non è stato ancora prosciolto.
L’assoluzione d’ufficio non è stata ancora introdotta nel codice e certo sarebbe difficilmente prevederla come potere del segretario del Pd. I bambini tolti con l’inganno alle famiglie non sono una congiura delle forze oscure della reazione in agguato.