‘Ndrangheta, il giudice non deposita le motivazioni: scarcerati cinque condannati

26 Gen 2020 12:11 - di Redazione

Esponenti della ‘ndrangheta condannati per reati mafiosi a Catanzaro ma scarcerati perché i giudici non hanno ancora depositato le motivazioni della sentenza.

È questa l’ultima perla del campionario della magistratura italiana. Che manda in carcere mille innocenti ogni anno. Ma poi non deposita le motivazioni di una sentenza e manda in libertà i mafiosi. Un’Italia alla rovescia. L’Italia giustizialista dei Cinque Stelle e del Pd. Debole con i forti. E forte con i deboli.

L’inchiesta “Costa pulita” contro la ‘ndrangheta

Quasi un anno e mezzo fa era stata pronunciata la sentenza di primo grado del processo relativo all’inchiesta antimafia “Costa Pulita”. Che aveva colpito le cosche della ‘ndrangheta.

Ma le motivazioni non sono ancora state depositate dai giudici di Catanzaro. Ragion per cui cinque condannati con il rito abbreviato sono stati scarcerati per decorrenza del termine massimo di fase in assenza della celebrazione (e quindi pronuncia) del giudizio di appello.

La vicenda è quella relativa al processo nato dall’operazione contro la ‘ndrangheta di Vibo Valentia. Condotta nell’aprile del 2016 dalla Dda di Catanzaro.

Scarcerati dallo stesso giudice che li ha condannati

Una vicenda che ha  coinvolto, oltre all’ex-presidente della Provincia di Vibo e all’ex-sindaco di Briatico, anche alcuni esponenti della criminalità organizzata calabrese.

È stato lo stesso giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro, Pietro Carè, che non ha depositato le motivazioni, a disporre l’immediata scarcerazione dei cinque. Accogliendo, così, l’istanza dei difensori.

A lasciare il carcere, Pasquale Prossomariti, condannato per associazione mafiosa ed estorsione. Ma, per lui, resta il divieto di dimora nella provincia di Vibo.

I capi della ‘ndrangheta in libertà

Poi Leonardo Melluso, che i magistrati ritengono essere il capo dell’omonimo clan della ‘ndrangheta. E Giancarlo Lo Iacono, condannato a 8 anni. Per entrambi è scattato il divieto di dimora.

In libertà anche Carmine Il Grande, ritenuto il vertice dell’omonimo clan della ‘ndrangheta di Parghelia.

Per lui, oltre al divieto di dimora, resta, tuttavia, anche l’obbligo di firmare, ogni giorno, alla polizia giudiziaria.

Lascia i domiciliari, infine, anche Salvatore Mezzopappa. Il processo con il rito abbreviato contro le cosche della ‘ndrangheta era stato celebrato per 31 imputati. E il termine massimo di custodia cautelare in carcere per tutti scadrà il 31 gennaio.

Commenti

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  • giovanni vuolo 26 Gennaio 2020

    Solita inversione dei ruoli tra vittime e carnefici. Solita parte di magistratura che offende sé stessa, offuscando l’esempio eroico dei giudici martiri, e di quelli che combattono le piaghe della nostra società ogni giorno, rischiando a volte la vita. Ma la magistratura italiana oggi, è il riflesso della politica, dove spadroneggia una minoranza arrogante, a scapito di una maggioranza patriotica e liberale che non ha diritto di cittadinanza.