Svolta e risvolta, Zingaretti torna al punto di partenza: resuscita il Pci
Zingaretti scoperchia le tombe e riporta a galla il PCI. Non preoccupa certo il nome, che alla fine sarà un altro soprannome. Ma un’idea fissa di nomenklatura. Il partito sopra la società. Il richiamo ai sepolcri ideologici. Le parole d’ordine della sconfitta.
Hanno imbalsamato per un po’ i decreti sicurezza di Salvini. Hanno represso le voglie di ius soli. Tacciono sulla tentazione della patrimoniale sulla casa. Ma solo per evitare l’incazzatura del governatore – fino al 26 gennaio – dell’Emilia Romagna. Perché Bonaccini non vuole tra i piedi il Pd né i suoi derivati zingarettiani.
Quante divisioni ha Greta?
Poi, con le ossa rotte, torneranno i compagni. Bandiere rosse. Le sardine servono solo a recitare nel solco della doppiezza togliattiana. “Quante divisioni ha Greta?”, chiede Nicola ogni volta che straparla di green economy.
Al fondo spicca la solita voglia di egemonia culturale e politica. A tutti i costi. Zingaretti ha bisogno di rinfrescare le antiche radici, perché l’esperienza di governo con i Cinquestelle lo vede ammutolito, stretto nella tenaglia tra un Di Maio desolante e Renzi rancoroso. Dovrà convincere un po’ di capocce democristiane, promettendo posti e carriere purché lo lascino fare. Alla fine, le facce rimarranno le stesse.
Poi, il paradosso, quando Bettini – sempre lui – teorizza assieme a Franceschini il governo Conte come incubatore di un’alleanza politica ed elettorale. Ma qualcuno da quelle parti si pone una domanda, almeno? Ma se quando Moro e Berlinguer siglarono l’intesa – mitragliata dal terrorismo rosso – per il governo Andreotti, pensavano a presentarsi assieme davanti agli elettori? Eppure guidavano partiti strutturati, controllavano l’informazione, non c’erano i social: chi li avrebbe mai ostacolati se lo avessero voluto… I socialisti governavano con la Dc da Palazzo Chigi e le giunte rosse in periferia. Non inseguivano certo il partito unico con lo scudo crociato….
Ma era ben chiara la rappresentazione dell’Italia. Che non a caso votava comunque in massa negli appuntamenti elettorali. Non è con gli esperimenti politici che nascono le svolte autentiche. Che devono avere radici nella società. Non è casuale l’assenteismo che ormai caratterizza persino molto consultazioni locali.
Da Zingaretti scelte di apparato
Con le sue scelte tutto sommato solo di apparato, con le sue riverniciature a sinistra, Zingaretti parlerà più agli addetti al lavori che all’opinione pubblica italiana.
Le cose che dice di avere in mente non incantano più nessuno, sanno tanto di “mosse” politiciste che non affascineranno quanti aspettano qualcosa di nuovo. Che non arriva solo perché le sardine sono mobilitate contro gli avversari politici.
A Zingaretti e compagni manca il coraggio di vedere invece – anche da sinistra – l’assenza di politiche per la sicurezza, un limite anche agli occhi dei loro elettori, che non appaiono così eccitati dall’invasione di clandestini.
Nel Pd non c’è alcuna discussione sulla pesantezza della spesa pubblica, le tasse restano il bancomat per comprare clientela. Sono temi centrali nella società, ma Zingaretti e soci si concentrano sulla plastica. Che è un problema trasformato in balzello. Come recitano le sacre scritture della Ditta.
Zingaretti riapre i loculi. Si rivolge al partito morto perché i vivi non lo considerano più. Avanti popolo, tutti in Africa. Ma senza fare tappa ad Hammamet, il Pci non vuole…
Ce ne ha messo di tempo zingaretti a scoprire le carte, si sapeva fin dal principio che voleva far risuscitare quella vecchia vergogna della falce e martello, ora sarà felice. Quel famoso virus togliattiano duro a morire.
I segretari del PCI e derivati non sono stati poi così tanti, per cui si ricordano agevolmente. Quando l’attuale venne nominato lo collegai subito ad Alessandro Natta, il camaleontico successore di Enrico Berlinguer. Anche lui aspirava ad un nuovo PCI che comprendesse TUTTI, un termine vago che, forse, potrebbe soddisfare il lessico ma non porta a nulla, infatti alle prime elezioni la compagine denominata “alternativa democratica” fece un flop. Continuò così, imperterrito, fino alla malattia che lo detronizzò e passò la palla ad Achille Occhetto che dal cilindro tirò fuori “la gioiosa macchina da guerra”. Seppi poi da un addetto alla Segreteria che nel suo Ufficio rinvennero un armadio pieno di quaderni a quadretti , redatti in bella calligrafia, su cui aveva annotato i difetti di tutti, compreso il Papa. E se li aveva lasciati lì si vede che erano molto importanti.
Poveri vecchi democristiani illusi, che pensavano di aver trovato la loro nuova casa. E adesso? A chi sirivolgeranno? Se c’era un modo per far crescere il partito del cialtroncello fiorentino, zinga lo ha trovato. Ma forse questo era voluto, fin dall’inizio.
Sono sempre senza vergogna……………il richiamo della foresta regna sovrano, intanto stanno demolendo l’economia privata italiana in ogni settore………….in Germania direbbero: “statalismo uber halles”.