Coronavirus, i ricoveri per malaria, le polmoniti violente: l’epidemia risalirebbe a ottobre

28 Feb 2020 16:13 - di Redazione
Ricerca sul Coronavirus foto Ansa

Altro che “teoria Bersani”: noi lo abbiamo già scritto qualche giorno fa. Rilanciando le ipotesi e i dubbi sull’origine del coronavirus supposti in una dettagliata analisi dal Southern Weekly. Secondo la quale, come riferisce oggi anche l’AdnKronos, la circolazione del nuovo coronavirus in Cina è cominciata tempo prima rispetto ai primi casi di «polmonite misteriosa» identificati nel Paese asiatico. A ricostruire i primi mesi di vita della Covid-19 è uno studio italiano firmato da scienziati dell’Università Statale di Milano. Un’indagine epidemiologico-molecolare effettuata su 52 genomi virali completi del patogeno, apprende l’AdnKronos Salute, dalla quale emerge una stima chiave: «L’origine dell’epidemia da Sars-CoV-2 può essere collocata tra la seconda metà di ottobre e la prima metà di novembre 2019, quindi alcune settimane prima rispetto ai primi casi di polmonite identificati». A dicembre, quindi, l’epidemia ha avuto quindi più che altro una “super accelerazione”.

Uno studio italiano ipotizza: l’origine del coronavirus risale a ottobre-novembre

Il lavoro è stato appena accettato per la pubblicazione sul Journal of Medical Virology e i risultati sono già stati inviati dalla rivista all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L’équipe è quella di Gianguglielmo Zehender, Alessia Lai e Massimo Galli del Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche (Dibic) Ligi Sacco dell’Università degli Studi di Milano e Crc Episomi (Epidemiologia e sorveglianza molecolare delle infezioni). La ricerca, condotta nel laboratorio della Clinica delle Malattie infettive del Dibic all’Ospedale Sacco di Milano (Asst Fatebenefratelli-Sacco), è stata svolta “sulle variazioni del genoma virale e quindi sulla filogenesi del virus stesso – precisano gli autori – e non sul numero dei casi osservati”. Oggetto dell’indagine 52 genomi virali completi di Sars-Cov-2 depositati in banche dati al 30 gennaio 2020. «La ricerca ha consentito la datazione dell’origine e la ricostruzione della diffusione dell’infezione nei primi mesi dell’epidemia in Cina – evidenziano gli studiosi – attraverso la stima di parametri epidemiologici fondamentali come il numero riproduttivo di base (R0) e il tempo di raddoppiamento delle infezioni».

Quegli strani ricoveri per malaria e poi l’inizio di polmoniti violente…

Dunque? Per cercare di risalire all’origine del Covid 19 si deve ripartire sempre da Wuhan. Lì, infatti, dal 18 al 27 ottobre 2019 si sono svolti i Giochi militari mondiali alla loro settima edizione. Oltre 10.000 atleti da 140 Paesi del mondo si sono dati appuntamento nella città cinese, epicentro del contagio. Pronti a cimentarsi nelle prove di 27 discipline diverse. Per un totale di oltre 300 eventi. Tutto parte da lì? Tutto sembrerebbe quanto meno far tornare lì. A quei luoghi, quegli appuntamenti, quelle date. Come abbiamo scritto 4 giorni fa, allora, «a fornire la prima spiegazione ufficiale del caso, ha provveduto il direttore dell’ospedale, Zhang Dingyu». Il quale, per prima cosa, ha addotto la cause dei primi ricoveri degli sportivi registrati fra ottobre e novembre in Cina, a un contagio da «malaria». «Provvedendo contestualmente a stilare e attuare un piano di emergenza per le malattie infettive, con relativo isolamento disposto per i 5 pazienti infetti. Tutto addebitato alla malaria, importata da ospiti stranieri.

Un collegamento effettivo o un’ipotesi scientifica?

Dunque, a quanto stava a quel livello di informazioni e comunicazioni, nulla sembrava lasciare adito a collegamenti o conseguenze con il virus che dai primi di dicembre ha iniziato a contagiare i primi cittadini di Wuhan. Come noto, però, degenerato subito in misteriose e violente polmoniti. Insomma, il dubbio su date e situazione sanitaria, ci riporta sempre a Wuhan. Ma retrodaterebbe il virus a ottobre. Il dubbio, insinuato via social e rimbalzato sui blog, allo stato dei fatti mette in collegamento i due eventi: quella diagnosi di malaria e l’allora non conoscenza del virus divenuto un’epidemia. Lo studio italiano, oggi, aggiunge un altro tassello a questo mosaico?

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