Dette fuoco alla compagna che morì dopo lunga agonia: la Cassazione conferma la condanna: 14 anni
Condanna a 14 anni confermata dalla Cassazione. La tragedia avvenne l’11 settembre 2014 ad Arezzo, in via Duccio di Boninsegna. Una scena tremenda, che viene ancora ricordata con dolore. Lui, Gueran Benoni, dette fuoco alla compagna, Maria Teri, che perse la vita dopo più di un mese di agonia. Ora siamo giunti al capitolo finale: 14 anni di reclusione per omicidio volontario.
La decisione della Cassazione
La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso della difesa del cittadino romeno di 57 anni. Maria Teri, anche lei romena, aveva 49 anni. Morì dopo 37 giorni di ricovero nel centro ustionati di Genova. Fu proprio la donna a indicare ai carabinieri l’autore del gesto, dopo aver chiesto aiuto in un bar. Benoni fu arrestato e finì in carcere. Entrambi vivevano in una baracca ed erano senza fissa dimora.
La mosse della difesa
La difesa ieri durante l’udienza in Cassazione aveva chiesto di rivalutare la pena applicando le attenuanti generiche. Oppure riportando la qualificazione del reato a omicidio preterintenzionale. Così infatti aveva fatto nel 2016 la Corte di Appello di Firenze, abbassando la pena da 14 anni inflitti in primo grado dal Tribunale di Arezzo, con rito abbreviato, a 10 anni. Poi la Cassazione fece ripetere il processo in appello e la pena tornò a 14 anni. Ora la definitiva conferma a 14 anni di carcere con l’ultimo passaggio in Cassazione.
Quei momenti terribili…
I due vivevano tra stracci e rifiuti in una capanna. Litigarono in modo molto forte. Probabilmente c’era stato qualche bicchiere di troppo. La bottiglia di alcol e la situazione degenerò: l’uomo appiccò il fuoco alla compagna. Lei corse a chiedere aiuto in viale Mecenate, in un bar. Disse subito chi era stato a conciarla in quel modo. Rapidamente l’uomo fu rintracciato in zona e finì in manette. Testimoni dissero anche di aver visto la coppia litigare, prima del fattaccio: per la strada. Lui la trascinava tenendole i capelli. Sulla vicenda, come detto, c’è in atto un ping pong di sentenze.