John Vignola racconta il festival di Sanremo con immagini e testimonianze

8 Feb 2020 14:24 - di Salvatore Bucolo

Riceviamo da Salvatore Bucolo e volentieri pubblichiamo.

John Vignola, con il suo viaggio di oltre 200 immagini ripercorre, anno dopo anno, la storia del Festival di Sanremo, il tutto è una scheda ricca di momenti epici e di curiosità, che con “70 Sanremo – Storia fotografica del Festival della Canzone Italiana”, a cura di Vignola (Rai Libri), la Rai omaggia la manifestazione canora più longeva e amata.

Il volume è impreziosito dalle testimonianze appassionate di Renzo Arbore, Pippo Baudo, Vincenzo Mollica e Vasco Rossi. A firmare la prefazione è il direttore artistico di Sanremo 2020, Amadeus. “Raccontiamo una storia inesauribile attraverso un repertorio fotografico importante, che più di tante parole dà anche la tridimensionalità del Festival di Sanremo – dice il curatore –, un palcoscenico, Casinò o Ariston, sul quale si è letteralmente dispiegata la storia della musica in Italia”.

John Vignola da quasi trent’anni si occupa di musica attraverso produzioni discografiche, libri, programmi radiofonici e rubriche su vari periodici, non solo specializzati. Le sue ultime monografie riguardano grandi autori della musica italiana come Lucio Dalla, Rino Gaetano e Lucio Battisti. Attualmente scrive su Vanity Fair e conduce “Radio1 Music Club” su Rai Radio1.

Cosa ne pensa di questa edizione di Sanremo?

“Tutto il bene possibile negli intenti la realizzazione è ancora in divenire. È un festival che vuole essere molto vasto nella scelta delle canzoni, quindi è polifonico più che corale, dove la canzone si mette alla prova. Il vero punto di questi due primi giorni è la conduzione di Amadeus e la co-conduzione totale di Fiorello e quanto le canzoni rischino d’essere sommerse da tutto ciò che gira intorno al festival”.

Qual è l’edizione di Sanremo che l’ha colpita di più?

“Per me è sempre l’ultima. Perché il contro-campo per esempio tra Mahmood e Ultimo l’anno scorso è stato veramente bello. Se andiamo, invece, nella storia direi l’edizione in cui Domenico Modugno apre le braccia e vola con “Il blu dipinto di blu”.

Ci potrebbe regalare un suo ricordo di Lucio Battisti?

“Lucio Battisti è stato il pop che diventa arte e va al di là del periodo in cui viene interpretato. Era un musicista ricco d’inventiva e di purezza. Era un grande appassionato di musica che ha riscritto la storia del pop in Italia e ciòal netto delle polemiche sul suo disimpegno politico che in realtà era potenziare moltissimo la creatività dentro le sue canzoni”.

Una differenza tra Lucio Dalla e Lucio Battisti?

“Entrambi sono dei musicisti completi. Un’altra affinità è che a lungo entrambi non firmano i testi delle loro canzoni. Un disco “Com’è profondo il mare” del 1977 fa in modo che Lucio Battisti diventi autore completo di se stesso e lo lancia in una carriera inarrivabile per tanti motivi”.

Cosa ne pensa del genere musicale rap?

“È un genere vastissimo e non va demonizzato perché diversamente avremmo dovuto demonizzare il pop, il blues e il rock. Non è un problema di genere, semmai è un problema di utilizzo di questi linguaggi che nascono da una sofferenza. In Italia il rap è un universo e non va sminuito, perché non è quello dei ragazzini che lo usano ingiustamente per sfogare le loro pulsioni. Mi ripeto è un vero e proprio genere musicale!”.

Mentre della partecipazione di Junior Cally a Sanremo che ci dice?

“Abbiamo ascoltato la sua canzone e nella esibizione di Sanremo lo abbiamo visto anche senza la maschera. La sua figura è controversissima, ma lo si sapeva anche prima di Sanremo. Non è legittimo un uso strumentale di ciò che fa Cally per magari fare un attacco più vasto nei confronti di chi quest’anno sta conducendo il Festival. Poi su di lui qualsiasi giudizio è lecito”.

Secondo lei i giovani possono trovare nella musica i germi della salvezza?

“Nella musica i giovani oggi trovano sicuramente qualcosa e stanno riappropriandosi di un linguaggio che per un certo periodo era sparito dall’orizzonte rispetto magari alle generazioni che li avevano preceduti. Più che i germi della salvezza nella musica i giovani possono trovare la rappresentazione di un mondo, una via di fuga, qualcosa che li faccia discutere. Insomma, la musica è una componente essenziale della nostra società, della nostra cultura, non bisogna avere paura delle espressioni artistiche e i giovani tante volte sono più responsabili di quanto noi possiamo pensare a utilizzarle per il meglio”.

Crede in Dio?

“È una domanda di cui mi avvalgo della facoltà di non rispondere! Tutti crediamo in qualcosa, io identifico come Dio quid che possa dare un senso, un fine all’esistenza in generale”.

 

 

 

 

 

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