Sos ricostruzione. L’appello del sindaco dell’Aquila a Mattarella: «Finiti i fondi. Servono nuove risorse»
«L’Italia non dimentichi L’Aquila e le zone colpite dal sisma del 2009. La loro ricostruzione torni al centro dell’agenda politica nazionale». È l’appello che il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, ha consegnato al presidente Mattarella.
Ricostruzione, l’appello di Biondi a Mattarella
L’incontro tra il primo cittadino di Fratelli d’Italia e il capo dello Stato è avvenuto in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Teramo. «Quest’anno terminano i fondi per la ricostruzione», spiega preoccupato Biondi. «È necessario che il governo individui e stanzi le risorse necessarie a completare il percorso di rinascita. Per il quale, secondo i responsabili degli uffici speciali per L’Aquila e il Cratere, sono necessari ancora quattro miliardi di euro».
Si tratta di una liquidità indispensabile per non vanificare l’intervento di 18 miliardi spesi finora per la ricostruzione. Con cui è stato possibile procedere al recupero di buona parte degli immobili lesionati dal sisma. E progettare misure parallele per la ripresa economica e sociale.
I comuni del cratere siano l’orgoglio italiano
«Il presidente Mattarella – continua Biondi – ha sempre manifestato grandissima attenzione nei confronti delle popolazioni. E dei territori terremotati. Per questo gli ho chiesto di essere al nostro fianco. Perché L’Aquila diventi orgoglio italiano. Dalla disperazione alla ricostruzione, a modello di resilienza materiale e immateriale». L’appello, oltre alle risorse economiche, invocano norme più snelle per la ricostruzione pubblica. Insieme a Biondi anche i sindaci degli altri 56 Comuni colpiti dal sisma del 2009. E il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio. Insieme ai presidenti delle province dell’Aquila, Teramo e Pescara. Lo stesso documento, inoltre, è stato inviato ai parlamentari abruzzesi, ai vertici del mondo produttivo, sindacale e delle professioni. Per essere condiviso e successivamente trasmesso al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, perché sia calato nelle strategie e nella programmazione governativa.