Coronavirus, questo sconosciuto. Che il Covid-19 sia un virus ancora molto. Molto misterioso, lo si dice ormai da settimane. E in tutto il mondo. Gli scienziati lo scompongono e lo studiano. I virologi cercano armi efficaci per contrastarlo. La politica sta cercando di contenerlo. I medici lo affrontano in trincea e provano a sconfiggerlo. Ma il virus, come un’araba fenice, risorge dalle sue stesse ceneri. E torna. Anche dopo la guarigione in molti casi. E più agguerrito e combattivo che mai…
Coronavirus, questo sconosciuto
Il Covid-19 inquieta scienza e politica. Uccide medici e popolazione civile. Annienta nemici e semina il panico dalla cina all’Europa, dall’India alla Russia. E finora ha acclarato una prima, ineluttabile verità: è un virus ancora sconosciuto. Gli esperti di tutto il mondo si arrovellano tra microbiologia e tecnologia. Partendo sempre, però, da un unico punto fermo: si sa poco o niente del comportamento di questo agente patogeno. E a qualunque latitudine, non ci si può che limitare a osservare come si muove. Se muta. Se agisce e in quale direzione. Con una certezza almeno: il nuovo coronavirus non è letale sempre. E la maggior parte dei pazienti guarisce, anche se secondo modalità e tempistiche diverse. E il miraggio intanto resta la ricerca di un antidoto capace di azzerarlo. Di un vaccino in grado di immunizzarci, prevenirlo e sconfiggerlo. Ma in tutto questo, come scrive oggi il sito de Il Giornale in un servizio ampio e esplicativo sul Covid-19, «restano tuttavia numerosi dubbi. A cominciare da uno dei più importanti: i pazienti guariti possono infettarsi nuovamente? Per rispondere alla domanda è utile leggere l’ultimo articolo pubblicato dal South China Morning Post.
Lo studio cinese su un campione di 147 pazienti guariti
Nel suo servizio, che rilancia notizie in arrivo dalla Cina, Il Giornale spiega e documenta come «i medici di Wuhan, epicentro cinese del contagio mondiale, hanno fatto uno studio prendendo in considerazione un gruppo di 147 pazienti guariti. Una percentuale compresa tra il 3% e il 10% di queste persone è nuovamente risultata positiva al Covid-19. I ricercatori di tutto il mondo stanno cercando di determinare se questi soggetti possono ancora infettare le persone. Parallelamente, la comunità scientifica si chiede se i guariti hanno sviluppato anticorpi tali da offrir loro l’immunità alla malattia. I numeri di Wuhan sembrerebbero dare una risposta negativa alla prima domanda. Ma è difficile avanzare certezze». Intanto, però, una prima risposta arriva dai medici, dell’ospedale Tongji di Wuhan, i primi a identificare e isolare virus e malattia. Ebbene, secondo quanto riferito dai camici bianchi cinesi, loro non hanno «trovato prove riguardo alla contagiosità dei pazienti guariti risultati positivi al Covid-19. E la loro posizione si baserebbe su osservazioni ravvicinate e su test di laboratorio». Il che, per ore, esclude una nuova esplosione epidemica. Soprattutto in considerazione del fatto che la Cina ha già dimesso oltre il 90% dei pazienti infetti a suo giudizio non più contagiosi…
Ma l’incubo potrebbe non essere ancora al suo epilogo
Ma, sottolinea Il Giornale, e forse il nodo sarà proprio questo, «la ricerca, seppur realizzata su un campione tutto sommato ridotto di pazienti, ha anche fatto sorgere dei dubbi sul fatto che i test dell’acido nucleico possano non essere affidabili nel rilevare tracce di virus nei guariti. In ogni caso dall’ospedale Tongji aggiungono anche alcuni tra i pazienti risultati positivi non hanno mostrato alcun sintomo e che nessuno dei loro familiari è stato infettato». Dunque, in determinati casi, il paziente, guarito dal Covid-19 e dimesso in quanto negativo ai controlli di rito, torna alla sua normale quotidianità. In una seconda fase, poi, quando è già asintomatico dunque, viene sottoposto nuovamente ai test. E potrebbe risultare negativo e non contagioso. Ma, aggiungono i medici cinesi, «abbiamo bisogno di uno studio epidemiologico su larga scala per guidare i nostri lavori di sorveglianza e prevenzione delle malattie». E che, come sottolineato da Wang Wei, a capo dell’ospedale Tongji, «per sicurezza è indispensabile che i pazienti guariti restino in isolamento per altre due settimane dopo la dimissione. In modo che possano essere nuovamente testati per altre conferme». In altre parole, il controllo casuale non basta. Non per tutti. L’incubo potrebbe imporre nuove misure. Nuove necessità. Nuove paure.