Feltri “stende” Di Maio con un tweet: «L’albanese Rama usa il congiuntivo meglio di lui»

30 Mar 2020 16:04 - di Marzio Dalla Casta
congiuntivo

Maledetta “congiuntivite“. Non la fastidiosa irritazione che ci colora di rosso l’occhio, ma quella non meno imbarazzante che innesca un cortocircuito tra lingua e cervello quando sottovalutiamo la perfidia della parolina “se“. L’avvertimento a scuola era continuo. Addirittura più asfissiante dell‘early warning che Bruxelles lancia a Roma ogni qualvolta il governo mette mano alla legge finanziaria. Ah, quei professori di una volta. Sembra di risentirli: quando dite “se”, scatti l’allarme nel vostro cervello perché l’errore è in agguato. Altri tempi. Oggi, invece, il congiuntivo è una causa persa. Come il gilet dello stesso color della giacca o l’orologio “a cipolla”, quello da taschino. Roba, insomma, per amatori. E chissà che non sia stato sempre così.

L’uso corretto del congiuntivo è ormai una causa persa

La differenza è tutta nella tv. Oggi è in funzione h 24 e abbonda soprattutto di politici. Un impasto micidiale. Già, perché fare i prezzemolini in ogni ora programma e in ogni talk-show aumenta le probabilità di errore. E a casa è una goduria cogliere il momento in cui l’onorevole di turno s’immola sulla barricata del congiuntivo per poi postarne lo scalpo su Facebook. Una sorta di martire in tal senso è Luigi Di Maio. Gli scappò di sbagliarne uno in pieno dibattito alla Camera. Ma si piacque talmente tanto da concedere il bis in assenza di richiesta su un palco a Pomigliano. Dopotutto, non si chiama mica Paganini. Né sfuggì ai suoi follower la gloria da triplete quando riuscì a centrare il tempo giusto solo dopo aver sperimentato fantozziani tweet della serie «facci pure».

Il direttore: «Il premier di Tirana parla l’italiano meglio del ministro»

Da allora ogni sdrucciolata causata da un “se” lo riporta in voga. Un po’ come se degli affetti da “congiuntivite” fosse il patrono: San Giggino aiutali tu. Persino ora che arranca da un video all’altro armato di mascherine con cui certificare la propria esistenza da ministro al tempo del coronavirus, c’è chi non ne scorda l’inconciliabilità con la sintassi. A Vittorio Feltri è bastato ascoltare il premier albanese Edi Rama parlare nella nostra lingua per affidare alla Rete un impietoso tweet: «Complimenti: parla italiano meglio di Di Maio». Per forza, avrebbe chiosato Totò, «siamo alleati».

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