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Giustizia

Giustizia in quarantena, che confusione: gli arresti domiciliari trasformati in un mini-indulto

Politica - di Andrea Migliavacca - 19 Marzo 2020 - AGGIORNATO 19 Marzo 2020 alle 13:09

Anche la Giustizia, in conseguenza del Coronavirus, subisce una battuta d’arresto. Sacrosanta, dunque, la sospensione delle attività giudiziali. Che invero non si farà sentire nella durata complessiva del processo – considerati i tempi a cui siamo abituati – ove contenuta nei limiti indicati. Ed il Decreto “Cura Italia” vi dedica un ampio spazio, giustamente; se si considera, poi, il numero anche di Magistrati contagiati.

È, dunque, nell’art. 83 del D.L. 18/2020 (una mastodontica norma), che si leggono le misure adottate per contrastare l’emergenza epidemiologica. Una sospensione valida per tutto il territorio nazionale. Che ha effetto retroattivo, rispetto all’entrata in vigore della legge, ovvero dal 9 Marzo e sino al 15 Aprile.

Salvo qualche indifferibile eccezione, esemplificata in tre macroaree: la prima, un misto panna, di civile e le altre due di penale;  tutte le udienze chiamate in questo lasso di tempo, saranno rinviate d’ufficio. La regola vale in ogni comparto della Giustizia: Civile,  Penale, Amministrativa e Tributaria.

Congelati i termini per il compimento di qualunque atto (o quasi), che potrà essere eseguito al termine di detto periodo di sospensione. Nei casi urgenti ed indefettibili (sintesi generosa), è lasciata al Capo dell’Ufficio Giudiziario, una buona dose di discrezionalità.

La Corte d’Appello di Milano fu lungimirante

È bene precisare come prima ancora che entrasse in vigore il D.L. 18/2020, la Corte d’Appello di Milano, con lungimiranza, abbia disposto le proprie linee guida. Prevedendo un margine prudenzialmente più ampio di sospensione delle attività.

Norme disordinate

Il secondo comma, dei 22 che compongono l’art. 83, poi, condensa in modo disordinato l’illustrazione delle attività sospese. Mettendo assieme adempimenti di varia natura, peraltro regolati dai differenti codici di rito (civile e penale). Per il giudizio tributario, stranamente, viene fatta espressa menzione solo per la presentazione del reclamo con mediazione; e la notifica del ricorso introduttivo.

Prescrizione e decadenza

Con una strana tecnica legislativa, al penultimo comma (il 21), un laconico richiamo alle disposizioni contenute nella norma, precisa che:  le disposizioni “ove compatibili, si applicano ai procedimenti relativi alle commissioni tributarie ed alla magistratura militare”. Accostamento, di per sé preoccupante. Ovviamente, prescrizione e decadenza, istituti oramai noti a tutti, sono anch’essi sospesi.

Il comma 12, invece, merita attenzione. Perché finalmente dispone, al momento fino al 30 Giugno, che la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute sia assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti.

Personale di sorveglianza insufficiente

Già, ove venisse adottata come regola, il numero di Agenti di Polizia Penitenziaria potrebbe essere considerato sufficiente, rispetto alla voluminosa popolazione carceraria. Oggi, complici anche le traduzioni in tribunale dei detenuti, il personale di sorveglianza è numericamente insufficiente.

Le altre disposizioni, che irrobustiscono a dismisura l’articolo in menzione, passano decisamente in secondo piano rispetto all’art. 123: titolato disposizioni in materia di detenzione domiciliare. Una sorta di indulto, che consente, a determinate condizioni, la detenzione domiciliare, per un certo numero di detenuti ed a determinate condizioni. La disposizione dovrebbe far riflettere sul concetto di detenzione, di pena e di rieducazione. Concetto completamente smarrito, per come viene sovente ricordato dalla Corte dei Diritti.

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di Andrea Migliavacca - 19 Marzo 2020