Lo sfogo del primario lombardo: “Per i medici non ci sono tamponi, ma per i calciatori sì”
Ai calciatori sì, ai medici no. È lo sfogo di un primario di Magenta, comune nel cuore della Lombardia, a riportare ancora una volta l’attenzione sulla questione dei tamponi. E sui criteri con cui si eseguono. Il dottor Nicola Mumoli, direttore dell’Unità operativa di Medicina dell’ospedale della cittadina lombarda, in cui sono attualmente ricoverati oltre 130 pazienti Covid, ha raccontato in particolare il caso di una sua collega. La dottoressa da subito è stata in prima linea per curare i contagiati e ora rischia di esserlo a sua volta. “Ha manifestato sintomi e segni tipici della patologia virale“, ha riferito il medico, chiarendo che però “contattati più volte i numeri di emergenza nazionale, le hanno negato il tampone“.
I tamponi? Ai calciatori sì, ai medici no
Di contro, ha sottolineato ancora il primario nel suo sfogo affidato al Corriere della Sera, “le pagine delle cronache riportano le buone condizioni di calciatori, attori e politici che esattamente come la mia collaboratrice hanno avuto contatto con persone positive e sintomi da virosi ma cui, a differenza della dottoressa, è stato eseguito il tampone e quindi formulato un corretto programma sanitario di controllo”.
Lo sfogo del primario
“Non conoscere, ma solo ipotizzare per la mia collaboratrice un contagio da coronavirus, oltre a essere ragione di preoccupazione e angoscia, non le consente di applicare le linee guida in fieri sull’eventuale assunzione di farmaci antiretrovirali né di scegliere i corretti tempi del rientro al lavoro”, ha quindi chiarito il primario. “Inevitabile il pensiero di chiunque. Grande solidarietà con il personale sanitario, striscioni ovunque, slogan buonisti sbandierati da tutti, ma di fatto – ha concluso il dottor Mumoli – solo discriminazione e ipocrisia. Se si deve scegliere tra un calciatore e un medico non ci sono dubbi. E ci sentiamo condannati a sparire sotto quella mascherina che indossiamo ogni giorno”.