«Non respiro più»: l’ultimo messaggio di Marcello, medico di famiglia morto di coronavirus
Quelle parole, «non respiro più». Il dramma, il dolore. La morte di Marcello Natali, medico di famiglia in trincea contro il coronavirus, ha scosso tutti. «Ci avevi lasciato il 13 marzo con un ultimo messaggio», racconta il suo amico Irven Mussi. «Un messaggio secondo il tuo stile semplice, diretto, razionale. “Io purtroppo non vado bene, desaturo parecchio, in mascherina con 12 litri di ossigeno arrivo a 85. Prevedo un tubo nel breve/medio termine”. Hai salutato la moglie e poi è iniziato il solito calvario di questi giorni».
Era medico di famiglia dell’area di Codogno
È la crudeltà della Covid-19. Marcello era un medico di famiglia dell’area di Codogno nel Lodigiano, primo epicentro dei contagi. È morto a 56 anni, dopo giorni in prima linea, in cui si è speso anche per sostituire colleghi malati. A raccontare gli ultimi momenti del camice bianco è l’amico Irven Mussi, anche lui medico di famiglia, ma a Milano.
«Morto solo, come tutti»
«Ciao Marcello», esordisce la lettera di Mussi, anche lui medico di famiglia. Una lettera che l’AdnKronos Salute ha potuto leggere. «Ti hanno portato a Cremona, poi trasferito a Milano. La destinazione l’abbiamo scoperta successivamente. E ora sei morto, solo, come tutti. È arrivata la terribile notizia: il maledetto virus ha abbattuto un’altra quercia, come Stella, come Giovita, come tanti altri. Fino a quando?».
Quel master e quella battuta…
I ricordi si affollano nel giorno della perdita. Mussi torna ai tempi del Master sulla riorganizzazione delle cure primarie. Un master frequentato insieme, «rigorosamente nelle ultime file». «Scherzavamo su quando sarebbe entrata in funzione questa riforma. Io sostenevo che saremmo prima andati in pensione, tu mi hai risposto che saremmo pure prima morti. Non avrei mai immaginato che, anche stavolta, purtroppo avresti avuto ragione tu».
L’amarezza e la rabbia dell’amico
C’è amarezza e rabbia nelle parole del medico di famiglia amico di Marcello. «Sono molto addolorato, distrutto, ma anche molto arrabbiato. Non è per caso che succede questo. Siamo stati mandati in guerra senza nessuna protezione. Almeno i fanti portavano l’elmo. E tu a Codogno sei stato come sempre il primo ad entrare in guerra, con paura, ma con un superiore senso del dovere. E sei stato sconfitto. Con te siamo tutti stati sconfitti. È assurdo, devastante: siamo la prima barriera e non abbiamo protezioni. Ci stiamo ammalando in tanti, rischiamo di far ammalare i nostri pazienti».
Il medico di famiglia continua la battaglia
«Noi – conclude il medico di famiglia – vogliamo continuare la tua battaglia, non arretriamo. Però vogliamo essere seriamente protetti per noi, per i nostri familiari, per i nostri pazienti. Ciao Marcello, la tua morte ci ha scosso, commosso. Siamo sicuri che da lassù, tu e gli altri, ci guiderete nel modo migliore a vincere, con le armi appropriate, questa maledetta guerra».