Omicidio Vannini, la Cassazione: «Se soccorso in tempo, il ragazzo non sarebbe morto»
«Antonio Ciontoli fece di tutto per occultare le proprie responsabilità. Prima rifiutandosi di chiamare i soccorsi e poi, a fronte della chiamata fatta dal figlio, rassicurando i soccorritori sul fatto che non serviva un loro intervento». Lo scrivono i giudici della Cassazione nella motivazione della sentenza che il 7 febbraio scorso ha annullato, con rinvio ad un nuovo processo, il verdetto di secondo grado che aveva ridotto la condanna allo stesso Ciontoli da 14 a 5 anni. Una decisione che ha indignato non poco l’opinione pubblica. A sconvolgerla, l’assurda dinamica della morte di Marco Vannini, il ventenne fidanzato con la figlia del presunto omicida.
Depositate le motivazioni della Prima sezione penale
Come si ricorderà, il giovane fu ucciso mentre si trovava nella vasca da bagno in casa dei Ciontoli. Tutto il resto è avvolto in una cupa nube di contraddizioni, reticenze ed incongruenze non ancora dissolta dai tribunali. Da qui la decisione della Cassazione, nient’affatto convinta della riqualificazione del reato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo, di ordinare un nuovo processo. Nel motivarla, i giudici hanno scritto che Ciontoli era ben «consapevole di aver colpito con un proiettile» rimasto «all’interno del corpo della vittima» e che quindi c’era la «probabilità della morte». Vannini, aggiungono, non solo morì per le «lesioni causate dal colpo di pistola», ma si sarebbe salvato se fosse stato soccorso in tempo.
«Ciontoli consapevole che Vannini poteva morire»
Il cuore del processo è tutto qui, nel rapporto causa-conseguenza tra il colpo esploso da Ciontoli e la morte di Vannini. In linguaggio tecnico si chiama «nesso causale». Per la Cassazione la sua sussistenza «non è controversa». Anzi, una ferita con quelle caratteristiche aumentava le possibilità di sopravvivenza e imponeva l’adozione di immediati soccorsi. Arrivarono invece dopo due ora circa. Un ritardo – si legge – che ebbe un ruolo decisivo nel causare la morte del ragazzo. Anche in questo caso, i giudici della Prima sezione intravedono responsabilità del presunto omicida e dei suo familiari imputati. Ne sottolineano, infatti, la «condotta omissiva» quando Ciontoli, dopo aver ferito «colposamente» il ragazzo, «disse il falso ostacolando i soccorsi».