Proteste a Napoli, la moschea non chiude: 50 immigrati in preghiera

17 Mar 2020 14:34 - di Redazione

L’emergenza coronavirus riguarda tutta Napoli, tranne che a Corso Lucci, 58. Qui sorge la moschea, sede della comunità islamica. Qui, l’altro giorno, è arrivata una macchina della Municipale, dopo l’allerta dei cittadini napoletani. “Correte, si sono radunati in oltre cinquanta persone. Noi non possiamo uscire, loro fanno come gli pare”. Le grida di rabbia di alcuni abitanti sono state registrate e diffuse sui Social.

La moschea aperta, l’imam: “Non me ne sono accorto”

Nel video, diffuso dal sito Il Meridiano, guarda il video, si vede un cittadino che si lamenta vibratamente con i vigili urbani. “Vi abbiamo chiamato tante volte. Che cosa aspettate a mandarli via? La legge per loro non vale?”. Nella moschea molti immigrati musulmani erano andati a pregare, infischiandosene della quarantena e delle disposizioni locali.

Tutti i luoghi di culto sono ovviamente obbligati a rispettare le misure straordinarie che vietano celebrazioni religiose, solo due giorni fa un parroco di Torre Annunziata è stato denunciato dai carabinieri per aver svolto una benedizione funebre. L’imam della moschea dice invece di non sapere perché la moschea fosse aperta. I vigili urbani sostengono che, al loro arrivo, le persone non erano cinquanta, ma “solo alcune decine”. La sostanza non cambia.

Chissà se il video sarà finito anche sui monitor del sindaco De Magistris e del governatore De Luca. Così drastici e intransigenti nei confronti dei cittadini napoletani e di quelli campani. La legge dovrebbe valere per tutti. Anche per gli immigrati.

Pugno duro con i fedeli cattolici

E mentre nella moschea napoletana si accalcavano una cinquantina di immigrati, in Italia la sorveglianza sulle nostre chiese ha raggiunto livelli impensabili. A Cerenova, alle porte di Roma, un sacerdote che ha celebrato messa, è stato trattato come un criminale. Don Domenico Gianandrea, parroco nella chiesa di san Francesco d’Assisi di Cerenova, ha trovato la polizia in chiesa. Domenica, gli agenti della polizia locale hanno interrotto la messa per scongiurare il rischio di contagio da coronavirus. Don Domenico non si dà pace: “Sono preoccupato di non potere fare ciò che vorrei. Mi lacera il cuore. Non sono stato capace di fare meglio. Qui ci sono persone sole, alcune hanno i figli lontani; ci sono anziani; almeno una ventina di malati cronici in casa a cui portiamo la comunione sempre. La Protezione civile le chiama due volte al giorno. Ma sono tutte adesso ancora più sole”.

 

Commenti

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  • daria p 18 Marzo 2020

    Vabbe’….ma le risorse musulmane ci portano la cultura, la civilta’, ci pagano le pensioni, fanno guadagnare ai centri di accoglienza….un po’ di tolleranza….

  • giovanni 17 Marzo 2020

    solita questione . gli italiani vengono massacrati da giudici forze dell’oridne. questi girano con auto sena assicurazione, minacciano etcc. e nessuno li tocca. solita questione.. quando il rispetto per gli italiani? non vorrei sembrare razzista ma quelli che sbarcano sti giorni sono liberi e girano tranquillamnete mentre noi dobbiamo stare chiusi !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!