Coronavirus, un altro rischio arriva dalla barba. Le parole dell’esperto: «Meglio tagliarla»
La barba diventa un fattore a rischio. «Dopo le lacrime e le acque reflue, adesso arriva lo studio sul ruolo del naso nel contagio del nuovo coronavirus. Si tratta di un lavoro molto interessante, che apre ulteriori spunti di approfondimento. Ma per il grande pubblico il consiglio è semplice: proteggere sempre non solo la bocca, ma anche il naso con la mascherina». A dirlo all’Adnkronos Salute è il virologo dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco.
Perché bisogna prestare attenzione alla barba
È così che commenta la nuova ricerca pubblicata da un team britannico su “Nature Medicine”. «Tra l’altro bisogna dire che la mascherina, se indossata correttamente, copre sia il naso che la bocca. Ebbene, questo studio ci ricorda di fare attenzione». Il dibattito sulla riapertura procede. Si tiene conto che gli italiani – con molta probabilità – dovranno indossare sempre la mascherina all’aperto e nei luoghi affollati. Allora il virologo raccomanda anche «di prestare attenzione alla barba. Può dar fastidio e ostacolare il corretto uso della mascherina. Inoltre, se non viene coperta, può intrappolare le goccioline “cariche” di virus».
Tagliare la barba, non toccarsi viso, naso e bocca
Quindi «attenzione alla barba, che andrebbe tagliata», suggerisce Pregliasco, dando un dolore agli amanti del genere. «Oppure va coperta e non va toccata». È bene anche «evitare di toccarsi viso, naso o bocca con le mani. Infine – conclude il virologo – occorre curare con particolare attenzione l’igiene delle mani».
Lo studio del team di Cambridge
Pochi giorni fa un’altra raccomandazione. Quella di proteggere il naso. Potrebbe essere infatti la porta d’ingresso principale del nuovo coronavirus nell’organismo. L’aveva suggerita una nuova analisi genetica, secondo la quale Sars-CoV-2 infetta specifiche cellule del naso. A far luce su uno dei meccanismi alla base della diffusione del virus è uno studio del team di Waradon Sungnak del Wellcome Sanger Institute di Cambridge, pubblicato su “Nature Medicine”. I geni associati al modo in cui il virus entra nel suo ospite sono espressi in specifiche cellule epiteliali respiratorie, corneali e intestinali umane sane, secondo lo studio.