Dopo la cacciata di Verdelli, “Repubblica” non può fare più la morale a nessuno
Cinismo o riposizionamento politico? Forse ci sono entrambe le cose, e certamente molto di più, dietro la decisione del gruppo Gedi di rivoluzionare la direzione del loro quotidiano di punta, Repubblica, sostituendo Carlo Verdelli con il direttore de La Stampa, Maurizio Molinari.
Una vicenda molto interessante per i retroscenisti, perché si inserisce in un contesto particolare e riguarda un personaggio altrettanto singolare. Verdelli era arrivato a Repubblica dopo un clamoroso fallimento in Rai, dove durò appena un anno nel ruolo di direttore editoriale. Dalla tv pubblica venne allontanato quasi subito per manifesta inadeguatezza, dopo aver elaborato un cervellotico piano, tanto dannoso quanto inattuabile. Altrettanto negativamente è stata valutata la sua breve guida di Repubblica, un giornale che ha continuato a perdere copie e nel quale, evidentemente, i suoi stessi lettori non si riconoscevano più.
E così, anche in questo caso dopo appena un anno, Verdelli viene scaricato come un fulmine a ciel sereno. Al di là del merito della vicenda, meraviglia il cinismo con cui si sono mossi gli editori che hanno agito con uno stile ancor più goffo di quello delle pur brevi direzioni di Verdelli, bersaglio negli ultimi tempi di minacce che le autorità di sicurezza hanno ritenuto fondate, al punto di disporre misure di tutela. Eppure il vertice Gedi decide di cacciarlo su due piedi proprio mentre in tanti solidarizzano con lui, con un tempismo quanto meno singolare.
Assistiamo così al paradosso di veder attuato dall’editore, ovviamente per ragioni ben diverse, il primo obiettivo di chi minacciava Verdelli: privarlo del suo ruolo operativo. Più degli autori di criminali minacce, poterono i nuovi editori di Repubblica, che stanno scrivendo un nuovo capitolo di una faida di regime lunga decenni, seppure inconsueta per la sua crudezza. Il licenziamento di Verdelli, che evidentemente aveva nemici nascosti e altri sopra la sua testa, resterà una vicenda memorabile, che ha già superato per carica simbolica il clamore degli insulti tra De Benedetti padre e i suoi figli attorno al declino di Repubblica. Quello che voleva essere il luogo della ‘nuova morale’ è teatro di brutali regolamenti di conti. Un cattivo esempio per tutti. E questa sarebbe l’informazione pronta a processare tutto e tutti…
Per salvare capra e cavoli potremmo nominarlo Verdelli senatore a vita.
L’italietta delle scorte è un’altra problema italico che nessuno vuole affrontare, tanto paga pappagone ……..
Hanno fatto bene gli Agnelli. Avrebbero dovuto chiederle anche i danni economici.