L’Olanda di Rutte è un paradiso fiscale. E la Germania di Merkel pensa solo alle sue banche
Il Parlamento olandese ha approvato due risoluzioni che esortano il governo a non accettare gli eurobond. E a tenere il punto sulla condizionalità per l’utilizzo del Mes. Le mozioni, presentate rispettivamente dal partito anti-Ue Forum per la democrazia (FvD) e da una formazione trasversale di deputati, non sono vincolanti. Ma danno un chiaro indirizzo politico al governo impegnato nei negoziati all’Eurogruppo in vista della ripresa dei lavori fissata per oggi . Appare a questo punto assai improbabile che, dalla nuova sessione negoziale, possa uscire solo lo straccio di una accordo. Assisteremo insomma al solito gioco delle parti tra Olanda e Germania. Con il rappresentante tedesco che continuerà a dire nein alla “mutualizzazione del debito” spalleggiato dal rappresentante olandese. Con il primo che fa la parte del “morbido” che deve cedere all'”intransigenza” del secondo.
È uno schema ormai collaudato nei vertici europei degli ultimi anni. I paesi del Nord amano infatti presentarsi come i custodi del “rigore” protestante contro il “lassismo” dei popoli cattolici del Sud Europa.
Il “rigore” conviene a Olanda e Germania
In realtà, l’emergenza coronavirus sta ampiamente dimostrando che l’ideologia rigorista europea non è che un paravento per nascondere gretti interessi economici e politici. Il rigore protestante conviene a paesi come l’Olanda e la Germania interessati a non cambiare nulla in Europa per continuare a godere dei propri privilegi. Fanno i custodi delle “regole” quando fa loro comodo. Salvo poi trasgredire le norme europee sempre in base al principio della convenienza del portafoglio. Così l’Olanda del premier Mark Rutte, che continua a prosperare grazie a una politica fiscale aggressiva. Una politica che drena capitali da tutta Europa in barba alle raccomandazioni della Commissione Ue. Così anche la Germania di Angela Merkel. Che attira anch’essa capitali da tutto il continente. E questo grazie al differenziale di rendimento del Bund rispetto ai titoli di Stato degli altri paesi europei. Così grazie al suo surplus di bilancio la Merkel può permettersi di annunciare un massiccio piano di aiuti all’economia: 1500 miliardi. Che magari non serviranno. Ma che danno comunque l’idea della spaventosa potenza finanziaria tedesca. Tutte risorse che la Germania ha pensato bene di impiegare per salvare le sue banche in difficoltà
L’Olanda ci sottrae risorse con una politica fiscale aggressiva
Per quanto riguarda l’Olanda, il sito economico Business Insider Italia ha provato a fare i conti in un articolo uscito il 31 marzo. I risultati sono sconsolanti. Ma istruttivi. Il governo olandese, che non vuole mettere in comune con l’Italia neanche un centesimo di debito per fare fronte all’emergenza economico- sanitaria del coronavirus, sottrae ogni anno all’Italia miliardi di euro di mancati introiti fiscali. «Gli eurobond una tantum potrebbero costare ai contribuenti olandesi 10-15 miliardi di euro; mentre ogni anno l’erosione fiscale ai danni dell’Italia è nell’ordine dei 20 miliardi di euro. Tasse che dovrebbero essere pagate in Italia, ma che grazie alla politica fiscale aggressiva dell’Olanda prendono la strada del nord. Arricchendo gli azionisti e le casse del fisco olandese».
Un problema affrontato anche a livello comunitario, ma ai richiami della Ue, l’Olanda ha risposto picche. «La lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva è essenziale per rendere i sistemi fiscali più efficienti ed equi, come riconosciuto nella raccomandazione del 2019 relativa alla zona euro”». Così si legge nelle raccomandazioni Ue all’Olanda dello scorso anno. Dove si sottolinea anche che «gli effetti di ricaduta delle strategie aggressive di pianificazione fiscale tra Stati membri richiedono un’azione coordinata delle politiche nazionali a completamento della legislazione dell’Ue».
Il National bureau of economic research di Cambridge definisce l’Olanda un “paradiso fiscale europeo”. Al pari di Irlanda, Belgio, Lussemburgo, Malta e Cipro. «Secondo le nostre stime lo spostamento dei profitti da un Paese all’altro da parte delle multinazionale riduce gli introiti fiscali aziendali all’interno dell’Unione europea di circa il 20%. Come a dire che per ogni 100 euro di utile aziendale, 20 ne vengono drenati dai paradisi fiscali».
600 miliardi per le banche tedesche
Il caso della Germania dimostra invece come il salvataggio delle banche assorba cifre considerevoli del bilancio pubblico dei paesi europei. L’Europa impone di tagliare le spese di sanità e sicurezza è la stessa Europa che non batte ciglio se gli Stati sono poi costretti a dissanguarsi per rimediare ai dissesti compiuti dagli istituti di credito. Vale la pena sottolineare che nel 2010, quando esplose la crisi greca, il governo federale aveva già sborsato cifre da capogiro per le sue banche: la bellezza di 620 miliardi di euro. A pagarne le consegenze sono i cittadini europei che si vedono privati di servizi essenziali con la scusa della crisi di bilancio. Media e governo tedeschi hanno dato a intendere che «la crisi dei bilanci pubblici era dovuta, non ai salvataggi delle banche, bensì a un eccesso di spesa ordinaria di cui i cittadini avrebbero imporovvisamente approfittato». Così scrisse Luciano Gallino in un libro uscito qualche anno fa, Il colpo di Stato di banche e governi (Einaudi 2013).
Dell’enorme esborso pro banche non si sono accorti più di tanto i cittadini tedeschi per il surplus di bilancio garantito dai bassi rendimenti dei Bund. Circostanza che di fatto garantisce il finanziamento sotto costo del debito tedesco. Ma gli squilibri dei movimenti di capitale in Europa ricadono sulle spalle di italiani, spagnoli, portoghesi, irlandesi, greci e, a quanto pare, anche francesi.
Il “rigore” non serve alle democrazie europee ma ai poteri finanziari.
IMPARIAMO DAGLI ALTRI E COPIAMO QUELLO CHE CI CONVIENE. DIVENTIAMO ANCHE NOI UN PARADISO FISCALE OFFRENDO CONDIZIONI PIU’ FAVOREVOLI DELLA CONCORRENZA. ONESTI SI MA FESSI NO
Olandesi e tedeschi, dimostrano di essere una coppia di criminali, il primo Paese incassa come paradiso fiscale il secondo incamera e fare la ripartizione tra i soci.
DI MAIO BERLINO SI DISSOCI MA DISSOCIAMOCI NON E MANDIAMO AFFANCULO QUESTA EUROPA CHE NON VEDE PIU’ DEL LORO NASO