Rachele Mussolini: “Il 25 aprile si canti l’Inno di Mameli, non Bella Ciao. Per la mia famiglia non è festa”
“Il Paese piange: la gente è disperata. E rischiamo una rivolta sociale. C’è ben poco da cantare. Piuttosto rimbocchiamoci le maniche”. Così Rachele Mussolini commenta l’ultima iniziativa dell’Anpi. Quella di intonare Bella ciao dalle finestre il 25 aprile.
Rachele Mussolini: c’è poco da festeggiare il 25 aprile
Anche in tempi di pandemia i nipotini dei partigiani non dissotterrano l’ascia della divisione ideologica. “L’Italia è stata travolta dallo tsunami coronavirus”, dice la nipote del Duce. “Un anniversario sottotono sarebbe stato più opportuno. Rispetto chi ha voglia di festeggiare le ricorrenze di tutte la parti politiche. Ma, per favore, senza morti di Serie A e di serie B”. La Mussolini, consigliera comunale di Roma chiarisce. La scelta di utilizzare la canzone simbolo della Resistenza è inadeguata. “Mi è salito il sangue al cervello quando ho ascoltato la notizia. Se si vuole lanciare un messaggio unitario allora cantiamo l’inno di Mameli. Non Bella ciao”.
“Per me è la festa di San Marco…”
E la proposta di La Russa? “Non sono in disaccordo. Ma dedicherei alle vittime del coronavirus un’altra data che non sia il 25 aprile”. Il senatore di Fratelli d’Italia ha lanciato l’idea di collocare il 25 aprile l’omaggio ai morti per il Covid-19. Una proposta che ha suscitato a destra la presa di distanza di molti. L’anniversario della Liberazione per Rachele Mussolini è semplicemente la festa di San Marco, Si chiama così il padre delle mie figlie. E per me quel giorno è la sua festa”. Poi non si sottrae alla verità storica. Per la figlia di Romano Mussolini il 25 aprile non può rappresentare un giorno di festa. “Il mio stesso dna non mi consente di festeggiarlo. Sebbene rispetto le ricorrenze di tutte la parti politiche”. Infine ricorda di aver sempre denunciato l’errore delle leggi razziali. “Anche se in Italia fu cosa ben diversa di quanto accaduto in Germania. Al di là dei fatti, io sono parte coinvolta della storia per ragioni familiari ed emotive”.
“Come mio padre, non guardo le immagini di Piazzale Loreto”
“Mio padre quando perse il suo aveva solo 17 anni. Non riusciva a sopportare la vista delle immagini di piazzale Loreto. Ogni volta che venivano proiettate. Il suo era solo il dolore di un figlio. Che emotivamente mi ha trasmesso attraverso sentimenti di tristezza. E inquietudine. Al di là del fatto che potesse essere un criminale (e non era il caso di mio nonno) vedere tuo padre a testa ingiù è uno scenario che nessun figlio avrebbe il coraggio di guardare. Dolore riflesso. Aach’io come mio padre (jazzista di fama internazionale) ho il rifiuto di quelle immagini. Fanno male al cuore”.
Leggendo le frasi di questo articolo non posso che dichiararmi daccordo sulla mancanza di rispetto verso una parte della popolazione, alla quale viene imposto qualcosa che non la rispecchia e non condivide. Se è vero che ci fu una parte storicamente rappresentata da “bella ciao”, è altrettanto vero che vi furono tantissimi italiani che da quel canto furono offesi e fisicamente eliminati.
Se dunque si vuole proporre (da parte di una sinistra becera e antidemocratica) il 25 aprile come festa per tutti gli italiani, non è assolutamente accettabile che lo si faccia imponendo il suono di una canzone affatto condivisa e condivisibile da tutta la Nazione. Personalmente ritengo poi che se di liberazione si deve parlare, al massimo si trattò di liberazione dall’oppressione nazista, ma senza l’aggiunta della parola fascista al suo seguito.. Purtroppo i sinistri soggetti che oggi ci governano (e che hanno fino ad oggi governato, di fatto, in modo diretto od indiretto) sono personaggi che non conoscono la parola libertà e quale ne sia il suo vero significato. Sono loschi figuri che sono abituati da sempre ad essere più uguali degli altri, nonostante fondino falsamente la loro esistenza sulle parole uguaglianza e libertà. E mentono sapendo perfettamente di mentire…..